Ieri la popolarissima trasmissione ‘Tutto il calcio minuto per minuto’ ha festeggiato i suoi 60 anni di vita: il calcio è cambiato, il format no…
Era il 10 gennaio 1960 e Tutto il calcio minuto per minuto andava in onda per la prima volta: alle 14.15 in punto di una normalissima domenica pomeriggio.
A pensarci ora e a rivedere le immagini dei protagonisti di quella prima edizione in foto sgualcite in bianco e nero (in rete non si trova alcun reperto, solo nelle teche Rai), l’Italia era profondamente diversa da quella di oggi. E il calcio era anni lontano anni luce da quello che si celebra ora. Tutto era più provinciale, sempliciotto: il tasso di alfabetizzazione era basso, in molte aree rurali decine di migliaia di italiani non sapevano leggere e scrivere. E firmavano i documenti con la X.
Ma era l’Italia del boom economico, quella dove tutto sembrava possibile. E il calcio rendeva tutto più bello. Non c’era ‘lo spezzatino’ di anticipi e posticipi. Tutte le gare si giocavano rigorosamente alle 14.30 della domenica: un rinvio, uno solo, diventava un evento quasi storico.
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L’idea di “Tutto il calcio” si deve all’intuizione di alcuni cronisti, in particolare del leggendario Nicolo Carosio che aveva ascoltato un programma simile all’estero. Ma chi tira le fila della produzione è il grande Roberto Bortoluzzi. É lui a condurre dallo studio centrale e a dare tempi e modi di commento ai vari corrispondenti. La prima trasmissione prevedeva una connessione radio da tutti i campi, con un collegamento di fortuna telefonico. Nel caso fosse necessario: e spesso lo era.
Cinque i campi collegati di quella prima trasmissione, andata in onda tra mille problemi e nonostante tutto: Nicolò Carosio da San Siro per Milan-Juventus, Piero Pasini dal Dall’Ara per per Bologna-Napoli, Americo Gomez dal Franchi per Fiorentina-Sampdoria, Enrico Ameri dall’Olimpico Roma-Vicenza e Nico Sapio dal vecchio Marassi per Genoa-Spal. Gli stadi non erano attrezzati per la trasmissione. Famosa la foto di Nicolò Carosio appoggiato a un tavolino da bar, ai bordi di un campo in una delle sue prime trasferte per il programma.
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Niente monitor, lo studio è una cabina di tre metri quadrati con un microfono cardioide gigantesco all’interno del quale Bortoluzzi, che non vede una partita di calcio da vent’anni ma ha una voce meravigliosa e doti organizzative non da poco, resta per quasi quattro ore, ogni domenica. Telefonando, testando le linee, verificando i collegamenti. Bortoluzzi va in onda con una matita e un block notes sul quale annota i fatti di ogni singolo match. Chi vedrà i suoi appunti, quarant’anni dopo, dirà che era una versione analogica dei LIVE che oggi si leggono on-line.
Gli italiani, come spesso capita, riescono a fare meglio di chi la trasmissione l’aveva ideata: i francesi. Che avevano creato l’anno prima una diretta per le partite nazionali del calcio e del rugby. La domenica degli italiani non sarà più la stessa: la radio deve diventare portatile, anzi… tascabile.
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Cambia il modo di raccontare il calcio: inizialmente i termini sono tutti italiani, poi si passa a qualche forma inglese (la prima è ovviamente goal, la seconda è corner).
I ragazzini diventano telecronisti per passione: “Scusa Ameri”, “Procediamo a rimbalzo di linea”, “Interventi più brevi da tutti i campi”…
Tutto il calcio insegna una buona lingua italiana a una popolazione piuttosto pigra da un punto di vista culturale che legge poco e non si documenta per nulla. La mitica trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” nasce da un’idea di Oreste Gasperini e di Alberto Manzi (il maestro Manzi) per insegnare agli italiani a leggere e scrivere. Manzi, alla prima riunione per la produzione del programma – era l’aprile del 1960 e “Tutto il calcio” era già un grande successo – disse… “se il calcio insegna agli italiani a parlare, la tv dovrà insegnargli a scrivere”.
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Una nota a parte la merita la sigla: la conoscono e riconoscono tutti. Ma chi sa di chi è? Il brano non è originale, non è stato creato apposta per la trasmissione, si intitola “A taste of Honey” ed è di un grandissimo musicista americano che si chiamava Herb Alpert. Alpert (85 anni, tutt’ora vivente) è un trombettista straordinario, uno dei migliori: suona jazz e funky.
I suoi brani strumentali ebbero un tale successo in tutto il mondo che in qualsiasi paese ci sono molti dei suoi brani utilizzati come sigle: e lui fece i miliardi grazie a questo. Al punto che si creò una propria casa discografica la A&M (Alpert & Moss), per la quale incisero anche i Police, Sting, Liza Minelli, Michael e Janet Jackson, Joe Cocker., Supertramp e almeno un centinaio di grandi artisti. Il simbolo della compagnia è proprio la tromba di Herb Alpert.
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Alpert negli anni ’80 ebbe un successo straordinario con un brano dance che si intitolava “Keep your eyes on me” e venne in Italia. Durante la promozione e il tour gli fecero notare che il suo brano più conosciuto era “A taste of Honey”, e solo per via di questa sigla di un programma calcistico. Lui ne rise moltissimo dicendo… “Ok, auguro a questo programma una lunga vita. Quanto mi rende questa sigla?”
Le sigle sono una delle prime entrate per gli autori: Herb Alpert in Italia ha venduto poche decine di migliaia di dischi ma “A taste of Honey” è uno dei cinque brani stranieri più conosciuti del nostro paese. Il primo è “White Christmas”…
La sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto” – ‘A taste of Honey’ – di Herb Alpert con le foto di alcuni dei protagonisti della trasmissione
Un’edizione speciale di Mixer Cultura di Sergio Zavoli, dedicata al 50esimo di “Tutto il calcio minuto per minuto”
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