La carta d’identità delle stelle di Serie A non è giovanissima: il campionato italiano sforna sempre meno futuri campioni e punta sull’usato sicuro.
“L’Italia è un paese per vecchi”. Quante volte avete sentito questa affermazione negli ultimi anni? E’ scientificamente provato che l’età media del nostro paese si sta continuamente alzando creando problemi in tutti i settori, a partire dal mondo del lavoro. Non è escluso lo Sport, in particolare il calcio che lancia sempre meno talenti o quando si trovano faticano a imporsi. Non solo nelle categorie inferiori, ma anche in Serie A dove i maggiori protagonisti sono il più delle volte giocatori esperti e con molti anni alle spalle di carriera.
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In Italia dominano gli over 30: poca speranza verso i giovani
Una delle prove più lampanti è la classifica marcatori che quest’anno è dominata da campioni già affermati, gli stessi leader indiscussi delle squadre. Nelle prime posizioni troviamo quasi tutti giocatori over 30 con qualche piccola eccezione (Lukaku su tutti), ma è evidente che c’è poca traccia di giovani stelle. Ovviamente è un esempio limitato perché riunisce soprattutto gli attaccanti e coinvolge poco gli altri ruoli, meno impegnati a fare gol. E’ anche vero però che i principali attori sono sempre i vari Cristiano Ronaldo, Ibrahimovic, Immobile, Dzeko lasciando un ruolo marginale e oscurando l’ascesa dei possibili successori. Non è un pretesto circoscritto soltanto a questa stagione, perché anche nelle precedenti sono stati incoronati migliori bomber “anziani” come Toni e Quagliarella.
Più recentemente c’è il caso di Ciccio Caputo, 21 reti all’attivo l’anno scorso dietro soltanto alle migliori firme. Per non parlare di capitani storici come Palacio e Pandev che hanno la fame di un ragazzino e continuano a essere dei punti di riferimento in campo e fuori per i loro compagni. L’esempio principe è Franck Ribery che a 37 anni si è messo nuovamente alla prova, sposando il progetto della Fiorentina e dimostrando di fare ancora la differenza con il suo immenso talento e una professionalità fuori dal comune. Per loro le lancette del tempo sembrano scorrere più lentamente e gli avversari non hanno ancora trovato il modo di fermarli.
La Serie A è sempre più “anziana”: il confronto con gli altri campionati
Un altro parametro più generale e aritmetico per avvalorare questa tesi è il classico calcolo dell’età media. La Serie A infatti è uno dei campionati più anziani d’Europa, non il maggiore perché la Liga presenta una situazione simile e forse anche più marcata. Negli altri tornei però, nonostante la Premier League abbia numeri simili, si percepisce subito una filosofia diversa che alla lunga porta maggiori benefici in termini economici e sportivi. Ci sono poi i componenti delle rose, altra valutazione su chi scende in campo e gioca da protagonista. In Italia forse la tendenza sta iniziando a cambiare, siamo ancora indietro da questo punto di vista come si può notare in Nazionale.
Con il nuovo progetto del ct Mancini si sono fatti passi avanti ma non basta, se andiamo a vedere nello specifico l’ipotetica formazione titolare c’è meno gioventù rispetto alle altre federazioni. Gli unici a salvarsi sono Donnarumma, Barella e Chiesa che effettivamente sono i massimi esponenti del futuro della Serie A. La lista non è lunghissima, soprattutto se andiamo a confrontare le presenze internazionali o i numeri con i gioiellini delle squadre straniere, c’è un abisso.
Insomma non è semplice dare fiducia e allo stesso tempo più responsabilità ai possibili campioni del domani (in parte anche per colpa loro) ma sarebbe positivo assistere a un massiccio cambio generazionale per svariati motivi. Bisogna però avere la competenza di trovarli, crescerli, aspettarli e credere nelle loro potenzialità, non sempre apprezzate fino in fondo in Italia, il paese dove la fretta è stata in alcuni casi cattiva consigliera.