Insolito e profondo elogio dell’importanza di Paolo Rossi dal Brasile, una riflessione acuta sul valore della sconfitta
L’Italia ha amato Paolo Rossi, il suo sorriso leggero che le prove della vita non hanno spento. Generazioni di tifosi in lui si sono riconosciute e specchiate, con lui hanno gioito e sperato. Hanno sognato un futuro migliore nel calcio, dimenticando l’oggi almeno fino a domani. Il Mondiale del 1982, il trionfo nel segno di Pablito, resta un evento unico, ancor più della vittoria nel 2006. Il trionfo di un’Italia che esce dagli anni di piombo, che si apre a una stagione di maggiore disimpegno e di luminoso ottimismo.
L’uomo che fa gioire l’Italia coincide con il simbolo che ha fatto piangere il Brasile, un popolo che al calcio e allo sport ha spesso assegnato il ruolo di definizione dell’identità collettiva. Basta vedere lo spot di una nota carta di credito per lanciare i Mondiali 2014 in Brasile. “Siete tutti benvenuti” recita lo slogan, perfino Paolo Rossi che nello spot è ancora un incubo per il barbiere che l’ha appena avuto come cliente e la sua famiglia.
E’ ancora più significativo, perciò, l’omaggio che ha pubblicato il sito di O Globo, uno dei più importanti quotidiani brasiliani. Pablito, scrive Thales Machado, ha insegnato molto. E’ un monito, un insegnamento da non dimenticare. Ricorda, scrive Machado, che bisogna essere preparati alla sconfitta, che il tifo “è un’avventura senza garanzie di lieto fine, come tutto quello su cui scommettiamo alla cieca”. Come l’amore, come la vita.
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Il giornalista confessa di non aver visto la partita del Sarrià. Quella tristezza collettiva gli è stata raccontata, l’ha appresa dai libri, dai video, dai ricordi di suo padre.
“Tanti altri, da colleghi giornalisti, più grandi di me, bambini e ragazzi di allora, che raccontano la tristezza di quel pomeriggio, ma insistono sul fatto che il torneo è stato ciò che li ha portati nel calcio, a vivere il calcio, la loro passione più grande” ha ricordato.
E’ un grande elogio della sconfitta, quello di Machado. Perché nessun intoppo, nessuna delusione dovrebbe far disamorare del pallone, o di qualsiasi altro sport. E quella del Mundial 1982 non fa eccezione. La battuta d’arresto della squadra considerata la grande favorita per il titolo è uno shock, certo. Ma a molti serve, dice Machado, “a scavare più a fondo nel loro rapporto con il pallone e con la sua imponderabilità”.
La notizia della morte di Paolo Rossi, dunque, per i brasiliani non rappresenta solo l’annuncio della scomparsa “di un carnefice”. Non è solo l’ultimo saluto all’uomo che li ha fatti piangere. Ma l’addio a un uomo, conclude l’articolo, che ha reso “più profondo il nostro rapporto con una delle nostre più grandi passioni. E’ la fine di un uomo che ci ha aperto all’imprevedibilità. Che ci ha insegnato il senso della vita”.
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