Il documentario di Alex Infascelli su Francesco Totti arriva in tv su Sky. Le curiosità sul film che racconta la vita dell’ex capitano della Roma
Dopo il vernissage alla Festa del Cinema di Roma e i passaggi al cinema, “Mi chiamo Francesco Totti” verrà trasmesso su Sky Cinema Uno e Sky Sport Serie A. Il documentario sull’ex capitano della Roma, diretto da Alex Infascelli, è tratto dal libro “Un Capitano” scritto da Francesco Totti con Paolo Condò.
Lo spunto è profondamente cinematografico. Il regista immagina Totti all’Olimpico, da solo in mezzo al campo, la sera prima di Roma-Genoa, la sua ultima partita con la maglia della Roma. Totti come il Rocky al Madison Square Garden, dunque. Totti onnipresente e voce narrante di tutta la sua storia.
Infascelli sceglie di non usare uno dei topoi del documentario classico, ovvero le interviste ai parenti e ai conoscenti per riempire i buchi della parte più privata della vita di un personaggio pubblico. Un pezzo di vita che nel film diventa viaggio attraverso i canonici “filmini amatoriali”, video che trasudano una ricerca di normalità da parte di un campione diventato monumento di una tifoseria: una serata al circo, un compleanno con pochi amici, la vacanza in barca dopo lo scudetto del 2001.
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Non manca nemmeno un altro momento che avvicina la storia di Totti e della sua famiglia a quella di tutti noi spettatori: le foto delle vacanze. Soprattutto di una, quella in cui riceve la sua prima chiamata in nazionale. La scena è profondamente italiana. Francesco, che non ha ancora 18 anni, si veste di tutto punto per immortalare il momento storico con i genitori, la zia, la nonna, il fratello con la fidanzata di allora.
Questi tagli di luce facilitano un’identificazione potente, anche per chi non è tifoso della Roma. Nella vita di Totti non ci sono sovrastrutture, non ci sono livelli diversi o superiori che si intrecciano al racconto. Non è il Maradona simbolo della perdizione umana accompagnata alla manifestazione di un genio calcistico fuori dal comune. Non è Michael Jordan, non è Mohammed Ali che si intesta una battaglia più grande di quella sportiva. Vive una vita speciale, è un personaggio fuori dal comune ma resta una persona normale. Una superstar con cui si può entrare in sintonia.
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Infascelli, grazie al libro di Condò, scava dietro la mitologia del “Bimbo de Oro”, come lo chiamava lo storico speaker giallorosso Carlo Zampa. E scopre un ragazzo che balla il Gioca Jouer, che sceglie gli amici con cui è cresciuto per festeggiare lo scudetto e si innamora di Illary Blasi. Sembra una storia da cliché, la coppia calciatore-velina era all’ordine del giorno. “Era una moda, ma per me lei era la donna della mia vita” ha detto Totti.
Il calcio è molto presente. “Io sono romano e quindi permaloso. Sono un rosicone”, ammette Totti che con sarcasmo parla brevemente di uno degli allenatori che ha odiato di più, Carlos Bianchi. Lo pronuncia “Bianci”, alla sudamericana. Diverso il tempo di esposizione di Spalletti, tanto amato alla prima esperienza in giallorosso, tanto distante nel capitolo finale della carriera. “Mi hanno cacciato da Trigoria, da casa mia” commenta ricordando il post Roma-Genoa.
Ne emerge il ritratto di un campione che non ha perso una dimensione umana. Totti dietro la leggenda.
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