Juventus, l’assemblea ha approvato il bilancio che certifica quasi 90 milioni di perdite. Cresce il costo della rosa, nel contesto di una gestione diversificata. Le prospettive
La Juventus ha approvato ufficialmente il bilancio al 30 giugno 2020, rivisto lo scorso settembre per tenere conto della svalutazione di Gonzalo Higuain che ha comportato un effetto economico negativo per 18.3 milioni.
Confermate le perdite per 89,7 milioni che derivano da una contrazione dei ricavi operativi, conseguenza anche della pandemia (62,8 milioni), ammortamenti e diritti di gestione dei calciatori (59,6 milioni) e altri oneri. Effetti parzialmente compensati da una riduzione dei costi del personale tesserato per 42,1 milioni, da risparmi sulle imposte, sui servizi esterni, sull’acquisto di prodotti destinati alla vendita.
Pesa tuttavia l’incremento del valore della rosa, con i “diritti pluriennali alle prestazioni sportive” che hanno raggiunto i 508,4 milioni. Aumenta anche il patrimonio netto, per effetto dell’aumento di capitale da 298 milioni concluso lo scorso gennaio.
Secondo il report di Banca Intesa, la Juventus potrebbe chiudere il prossimo bilancio con perdite ancora più cospicue. L’istituto stima il possibile rosso in 112,9 milioni, che verrebbero assorbiti dal patrimonio netto. Ovviamente si tratta di una stima, su cui possono influire le strategie di player trading e le prestazioni in Champions League.
Per il 2021-22, invece, Banca Intesa ha confermato la tendenza a un sostanziale pareggio di bilancio, pur a fronte di un debito netto che potrebbe tendere a crescere per effetto delle conseguenze di lungo periodo della pandemia.
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In ogni caso, la Juventus ha cercato di diversificare le fonti di ricavo. I gestori dell’ottima pagina Facebook “Calcio da dietro” specializzata proprio in analisi economiche del calcio, l’hanno sottolineato bene. “Lo scorso anno i ricavi da sponsorizzazioni erano a 130 milioni, posizionandoli al 30% superiori rispetto ai diritti tv domestici” ha sottolineato Agnelli. Il presidente bianconero si è detto anche soddisfatto del posizionamento su Instagram, “dove la Juventus è il primo brand italiano davanti a Gucci”.
E’ una politica tipica delle grandi aziende più che delle grandi società sportive in Italia. Anche se l’aumento dei costi della rosa ha nuovamente messo al centro i calciatori, che finiscono per determinare le strategie.
Non a caso, nei primi cinque campionati europei, le cifre spese nell’ultimo calciomercato sono quasi dimezzate rispetto a un anno fa. In questo sistema asimmetrico, in assemblea Agnelli è tornato a criticare le modalità attuali di distribuzione delle risorse che dipendono per una parte rilevante da soggetti diversi dai club.
E’ la stessa, antica, considerazione per cui le grandi squadre vorrebbero contare di più nella determinazione dei criteri di distribuzione dei diritti tv della Champions League.
Sulla base di questo principio, più volte hanno minacciato di secedere dalla UEFA e creare la Superlega. Torna dunque ad affacciarsi un contrasto sistemico nel calcio, fra le considerazioni di tipo capitalistico e individualista e la necessità di un modello sportivo che contempli il principio di mutualità. In un momento di crisi, questi due obiettivi sono sempre più difficili da contemperare.
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