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Calcio

Black Lives Matter nel 1880: si celebra la storia di Andrew Watson

Se consideriamo l’incredibile clamore che il movimento Black Lives Matter sta ottenendo in questi ultimi mesi ci rendiamo conto di quanto il tempo non abbia reso giustizia a tematiche vecchie di secoli.

Eppure il calcio non era partito male se pensiamo che il movimento Black Lives Matter, di fatto, ha avuto un suo primo testimonial addirittura nel 1880.

Black Lives Matter, in Scozia

Siamo in Scozia, a Glasgow, una delle città più popolari e operaie del Regno Unito. Alle Barras, il porto fluviale sul Clyde dove vivono le maestranze più umili, la comunità di colore è davvero molto folta. Mentre negli Stati Uniti si ammazzano e centinaia di persone girano con il cappuccio in testa bruciando le croci e confezionando cappi e nodi scorsoi, in Scozia bianchi e neri vivono gomito a gomito, sgobbando tra miniere e cantieri. Finito il lavoro i colleghi si dividono tra pub, chiese e scuole serali. Il tasso di analfabetismo è altissimo ma la stessa gente che non distingue una K da una Q si guarda bene dal fare distinzioni tra bianchi e neri.

In questo contesto arriva Andrew Watson, il primo giocatore di colore della storia. Nato nella Guyana Britannica da un commerciante scozzese, Peter Miller Watson, che aveva perso la testa per una splendida donna creola, Hannah Rose, Andrew si trasferisce con la famiglia a Glasgow e come tanti altri ragazzini di colore provenienti dalle colonie britanniche si ambienta perfettamente. Va a scuola, viene battezzato, come il papà si appassiona al calcio e inizia a giocare a football.

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La storia di Andrew Watson

Il padre, che è benestante, vuole per lui un futuro importante: vorrebbe studiasse a Londra, nelle migliori università. Ma Andrew preferisce il pallone. Inizia a giocare nel Maxwell, popolarissima squadretta che si allena nel Queen’s Park di Glasgow, poi passa proprio agli Spiders, la squadra del parco reale . Viene notato e fa il suo esordio tra i ‘professionisti’ che ovviamente professionisti non erano trasferendosi in Inghilterra.

Andrew gioca per diciotto anni a buon livello ed è il primo giocatore di colore a indossare con orgoglio la maglia del Tartan Army, la nazionale scozzese. Tre presenze in una squadra straordinaria: all’epoca la Scozia era capace di affrontare l’Inghilterra e dominarla. All’esordio, in uno storico 5-1 che lo vede gli scozzesi bastonare i cugini, Watson è il migliore in campo e uscirà dal campo in trionfo. Terzino sinistro potentissimo con la capacità fisica di un velocista e la resistenza di un mezzofondista, Andrew Watson è stato uno degli atleti più straordinari che abbiano calcato un campo di calcio quando il football non era ancora tattica e organizzazione di gioco.

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Il murales dedicato ad Andrew Watson a Glasgow

Un pioniere leggendario

É colto, istruito, intelligente: si trasferisce in Inghilterra per giocare nel Bootle, squadra del Mersey con il quale diede un contributo fondamentale alla comunità di colore. Fu al centro di un caso clamoroso: perché riceveva un piccolo stipendio, cosa che all’epoca non era contemplata dalla Football Association. Un primo vero caso di professionismo. Tant’è che il Bootle, coinvolto in un’indagine e travolto da una pesante crisi finanziaria, scomparve di scena sostituito da Liverpool ed Everton. Andrew farà la spola tra Inghilterra e Scozia diventando un testimonial formidabile di sport, calcio e integrazione. Per trovare un altro giocatore di colore nella Scozia bisognerà aspettare il 1975 con Paul Wilson.

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L’omaggio di Glasgow

Oggi la figura di Watson spicca in un gigantesco murales che è stato dipinto da Barry the Cat, un artista straordinario che sta ridipingendo tutti i muri più popolari di Glasgow con opere straordinarie. La sagoma massiccia del terzino sinistro spicca tra Shawlands e Battlefield: cappello operaio sulla testa come si usava alle Barras, maglia a strisce orizzontali, inconfondibile anche se le foto in bianco e nero non evidenziano i colori originali che erano il giallo e il rosa.

Scozzese e di colore, due volte ‘diverso’, due volte pioniere per gli standard di Londra, giocò anche con i Corinthians e in FA Cup. Oggi è nella Hall of Fame del calcio scozzese in qualità non solo di giocatore di colore, il primo in assoluto, ma anche di professionista e di capitano della nazionale degli Highlanders. Un mito.

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Cose da fare…

Se passate da Glasgow annotatevi tre cose da fare assolutamente: andare a vedere una partita di calcio, Celtic o Rangers, scegliete voi. Ma anche Thistle, BSC, Pollok, Third Lanark e i tutt’ora attivi Spiders del Queen’s Park che giocano in League Two. Una squadra che ha come motto “giochiamo per il piacere di giocare” non può che essere ammirata anche da gente come noi, che vive solo per il gusto di vincere o per lo meno di vedere perdere gli altri.

Come seconda cosa fatevi una lunga passeggiata in Sauchiehall Street, la lunga arteria che divide il centro e che pullula di pub e locali di musica dal vivo. Infine fate una sosta da Jodandy, pub popolarissimo su Pollokshaws Road. D’obbligo il sidro locale, o la pinta di birra scura, doppio malto. Subito fuori dalla porta d’ingresso troverete il murales di Andrew Watson che va ammirato per quanto è bello ma soprattutto per quello che rappresenta oggi, 140 anni dopo l’esistenza straordinaria di uno sportivo che poteva davvero dire “Black Lives Matter”.

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Stefano Benzi

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Stefano Benzi

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