Premessa. Chi scrive è stato adottato dalla Scozia e dagli scozzesi ormai trentacinque anni fa.
Là ho trascorso le mie vacanze più belle, là ho i miei amici più cari avendo vissuto le stesse emozioni in paesi completamente diversi come il Brasile, posso dirvi tranquillamente che la Saudade, come il Mal d’Africa esiste. Ma con latitudini e longitudini molto individuali.
Aaron Hickey, scozzese del Celtic
La mia ultima vacanza in Scozia l’ho fatta nel 2017 e, come al solito, sono andato a vedere la mia squadra. Gli Heart Of Midlothian. Non so quale forza arcana mi porti sempre a stare con gli indiani e i perdenti cronici. Ma è così. Simpatizzo Celtic ma tifo Heart. Dunque soffro come un cane. Per non parlare della nazionale scozzese che è tanto adorabile quanto ostinata nel suo ciclo risultati mediocri.
Vado a vedere un allenamento della prima squadra e un amico che lavora lì mi dice… “Vedi quel ragazzino? Quello è davvero forte”. E mi indica un sedicenne con ciuffo ribelle e scatto nervoso. Corre molto bene, splendida falcata: bella eleganza. Ma mi sembra magro come un chiodo. Mi dice che ha già esordito in prima squadra e che il Bayern Monaco lo sta seguendo con attenzione. Il ragazzo arriva al Tynecastle in autobus, a volte dopo l’allenamento lo viene a prendere il papà. Se non si parlasse di professionisti sembra una scena della provincia del calcio italiano dei dilettanti.
Si chiama Aaron Hickey: lo scorso anno ha giocato tutta la stagione da titolare esordendo anche in nazionale giovanile.
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Testa sul collo
Tifa Celtic e sogna una chiamata nei Bhoys. Invece lo chiama la Serie A. Si parla di un interessamento del Milan, della Juventus, anche se alla fine a metterlo sotto contratto è il Bologna. Hickey ne parla con il papà, che ha guardato per anni la Serie A su Channel 4: si fa raccontare di Signori e di Baggio, e di Mihajlovic. Poi firma contento il suo primo vero contratto da professionista.
Se non avesse 18 anni penseresti che è già un cucciolo di anziano tanto ragiona in modo quadrato: “Non è una questione di soldi – dice Aaron – volevo imparare qualcosa, vivere un’esperienza diversa, se non lo faccio adesso che sono giovane quando posso farlo? E poi la Serie A è un grande trampolino di lancio. Non sono intimorito, solo molto rispettoso. Imparerò la lingua e di sicuro non avrò problemi ad ambientarmi, so che a Bologna sono molto ospitali e che la cucina è ottima”.
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La Scozia che torna in Italia
Hickey riporta in Italia il calcio scozzese molti anni dopo Graeme Souness (Sampdoria) e Joe Jordan, soprannominato ‘lo Squalo’ per la sua dentatura molto approssimativa. Giocò (malissimo) in un Milan di basso profilo. Dal 1986 non si è più visto nessun del Tartan Army nel nostro paese fino a Liam Henderson (Bari, Hellas e ora Empoli). Hickey è il talento più straordinario che il calcio scozzese abbia prodotto negli ultimi trent’anni. Ha polmoni, coraggio da vendere, umiltà ma soprattutto intelligenza e piedi buoni.
Al Celtic aveva giocato play ed esterno destro, negli Heart ha giocato 22 gare la scorsa stagione quasi esclusivamente a sinistra ma… “É un talento poliedrico che potrà fare bene in qualsiasi ruolo, se chi prenderà il mio posto avrà la pazienza di aiutarlo tatticamente – spiega Craig Levein, allenatore degli Heart – io l’ho provato in almeno otto ruoli diversi e posso garantire che sa gestire lo stress qualsiasi cosa gli venga chiesto. Quando l’ho messo centrale non ha battuto ciglio e ha retto il campo splendidamente. I tifosi italiani lo ameranno. É un guerriero”.
E dunque nell’ambito di un proficuo scambio culturale Italia-Scozia suggeriamo ai tifosi del Bologna si imparare qualcosa della sua lingua. In Scozia, prima di bere o di fare qualcosa di importante si è soliti dire “Slainte Mhath”: è gaelico, si pronuncia ‘Slancia’ e significa ‘buona salute’.
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