Il Professor Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, intervistato da Inews24, fa il punto sulla situazione contagi in Italia e sulla possibile evoluzione della pandemia
Settembre è il mese della ripartenza, termine ricorrente nell’ultimo periodo in relazione alla pandemia da COVID-19 che attanaglia non soltanto l’Italia. Da più parti, proseguono gli inviti alla popolazione a tenere alta la guardia alta e rispettare le misure preventive vigenti per evitare il contagio: distanziamento sociale e mascherina, al chiuso e all’aperto, qualora fosse impossibile mantenere una certa distanza di sicurezza.
Nel frattempo, il Paese riparte o almeno ci prova con le attività che riprendono il loro corso. Non mancano, tuttavia, i problemi. Il mondo dello sport e il Calcio, in particolare, a tutti i livelli continua a presentare i problemi, irrisolti, del post lockdown, su tutti la possibile riapertura degli stadi definita inopportunta dal Premier Conte.
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Il rischio è quello di mandare in fumo i lenti e sofferti risultati – in fatto di gestione e annientamento del contagio – ottenuti sino ad ora. Prova a spiegarlo anche il Professor Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, intervenuto su Inews24: “In Italia la diffusione del virus è diventata omogenea, all’inizio della pandemia la gran parte dei casi si registravano fra Lombardia e Veneto, ora il contagio ha una distribuzione simile in tutte le regioni. Prima vedevamo solo la punta dell’iceberg, ora troviamo anche tanti casi asintomatici. Spagna e Francia sono messe peggio di noi, frutto anche dell’apertura delle frontiere e dei viaggi per le vacanze”, ha detto.
In merito, poi, alla possibile riapertura degli stadi propendere per il no sembrerebbe essere l’unica via possibile. “Il virus non è morto – spiega il Professore – pensarlo è una sciocchezza figlia della sottovalutazione degli ipotetici rischi. Gli asintomatici contagiano altre persone, questa è la differenza principale fra il COVID-19 e la Sars. Quindi potrebbe aumentare la capacità collettiva di infettare, i danni, insomma, potrebbero verificarsi su larga scala. È importante procedere con calma, seguendo il giusto decorso delle cose, il vaccino non arriverà prima del 2021. Intanto è necessario affidarsi alle norme preventive e al buon senso”, conclude Pregliasco. Dunque, stadi chiusi almeno per il momento. Aspettando tempi migliori.
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