Se c’è un giocatore che più di ogni altro è riuscito a influire sul rendimento dei club che lo hanno ingaggiato, questo è Zlatan Ibrahimovic.
Undici titoli nazionali in quattro diversi campionati nelle nove squadre dove ha giocato fino a oggi: a 38 anni compiuti con un futuro ormai lontano dalla nazionale, anche se in Svezia c’è chi chiede a gran voce il suo impiego nell’Europeo 2020, rinviato al prossimo anno dopo il COVID-19.
Oltre 500 trofei raccolti in carriera tra riconoscimenti di squadra e individuali, Ibrahimovic ha rinnovato per un’altra stagione con il Milan, letteralmente trasformato dall’arrivo del fuoriclasse svedese. Al punto che il club ha deciso di puntare tutto su di lui e sulla riconferma di Pioli rinunciando all’oneroso progetto di legarsi a Ralf Rangnick, il nuovo guru del calcio europeo, creatore del fenomeno Lipsia. Ma Ibrahimovic ha sempre fatto la differenza, trasformando in oro, e introiti, qualsiasi contratto abbia firmato e qualunque piazza dove abbia giocato.
Al Malmo fa il suo esordio tra i professionisti: 18 gol in 47 presenze alcuni dei quali assolutamente straordinari che lo mettono al centro dell’attenzione di club e agenti di mezzo mondo. Famoso il modo in cui ‘declina’ gli interessi dell’Arsenal, pronto a versare dieci milioni di euro per il suo cartellino… “Wenger mi voleva per l’Arsenal lo scorso anno ma avrei dovuto fare un provino: ho rifiutato. Zlatan non concede provini….” Fu una delle sue prime frasi in terza persona, uno dei biglietti della visita che lo accompagneranno per tutta la vita. Al club dell’esordio lo legano un grande amore ma anche tante polemiche. I suoi vecchi tifosi, in un momento molto complicato dal punto di vista economico, non gli hanno perdonato il fatto di avere investito negli acerrimi rivali dell’Hammarby.
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Passa all’Ajax per 8 milioni di euro in una squadra zeppa di fenomeni come Rafael van der Vaart e Wesley Sneijder. Litiga con il primo, con il quale arriva alle mani in allenamento, e poi anche con il secondo: con il quale farà pace diversi anni dopo. In Olanda chiude con due titoli e una coppa nazionale e il titolo di MVP assoluto del 2002. Lascerà l’Ajax quando minaccerà di spezzare le gambe a Van der Vaart dopo uno scontro nella sfida tra le rispettive nazionali.
Arriva alla Juventus per quasi venti milioni di euro: in teoria dovrebbe sostituire Trezeguet, vittima di un infortunio. In pratica gli fa le scarpe quasi subito. Subito sedici gol nella prima stagione, miglior straniero del campionato. Fa collezione di titoli. Poi il coinvolgimento della Juve in Calciopoli lo convince a fare il passaggio più clamoroso in senso assoluto, per lo meno in Italia e per un giocatore così in evidenza: passare dalla Juventus all’Inter. “Ho sempre fatto il tifo per la squadra nerazzurra” dirà il giorno della sua presentazione. Lascia la Juventus con due titoli nazionali. Ma la sua maglia, dopo due sole stagioni, e a distanza di quindici anni, resta una delle più vendute in senso assoluto della squadra bianconera dopo quella di Del Piero.
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L’Inter del dopo Calciopoli domina la scena: Ibra è capocannoniere con 17 gol al suo primo anno, la squadra vince 17 partite consecutive e chiude con 22 punti di vantaggio sulla Roma. La squadra di Roberto Mancini è la base su cui si fonda l’Inter del leggendario Triplete di José Mourinho: Ibrahimovic conclude la sua esperienza in nerazzurro in crescendo, 25 gol nella sua ultima stagione che porta Coppa, Scudetto e Champions League. Fa collezione di nomination per Pallone d’Oro e UEFA Player of the Year che tuttavia non vincerà mai.
Passa al Barcellona, l’unica squadra nella quale forse il consistente investimento non ripaga il club: con Pep Guardiola non va molto d’accordo e nemmeno con Messi che lo definisce “troppo autoreferenziale per il Barça”. Il rapporto si conclude nel modo peggiore, sotto gli occhi di tutti: in campo. Ibra si rivolge al suo allenatore dal campo definendolo “cane” e accusandolo di non avere le palle. Il giocatore cerca uno scontro diretto, quasi fisico, con quello che definisce “il nemico”. Ma Guardiola si limiterà a chiedere la sua cessione che avverrà dopo una sola stagione 21 gol e (nonostante tutto) una Supercoppa Europea e un Mondiale per Club oltre a Liga e Supercopa nazionale.
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Arriva una prima volta al Milan e vince subito il titolo garantendo 14 gol e undici assist e vincendo per la terza volta il titolo di MVP della Serie A con la terza maglia. Per quanto non sia considerata la sua miglior stagione in senso assoluto, il suo secondo anno è quello che lo vede con le statistiche personali migliori: 28 gol, capocannoniere assoluto. Il Milan lo cede al Paris Saint Germain per motivazioni di carattere economico. Basta lui a pareggiare i conti di una gestione in grande difficoltà.
A Parigi Ibrahimovic si presenta alla sua maniera: “Gioco nella più bella città del mondo per rendere questo club il più forte del mondo”. I tifosi del PSG lo adorano fin da subito onorandolo con un coro che ancora oggi di tanto in tanto risuona in curva, “Voilà Ibra le Fou”, ecco a voi Ibra il Matto.
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Zlatan resta sotto la Tour Eiffel quattro anni. Non era mai stato così tanto in una club: porta a casa quattro titoli nazionali, due Coppe di Francia, tre Coppe di Lega, tre Supercoppe nazionali. Non riesce a portare il club sul tetto di Europa ma segna 156 gol in 180 presenze diventando il miglior cannoniere di sempre del PSG con un primato che sarà ritoccato solo da Edinson Cavani. É il primo giocatore dopo oltre trent’anni a segnare più 30 gol in Ligue 1. Chiude il 2016 sfiorando il leggendario record di Skoblar e fermandosi a quota 38.
A 34 anni si presenta all’Old Trafford per tornare in campo con Mourinho: ma l’alchimia non è quella dell’Inter. Ibra mal sopporta i giornali inglesi, la loro invadenza, e anche con i tifosi dello United i rapporti sono freddini. Qualche problema fisico, soprattutto un brutto crack al ginocchio destro, fa il resto. Nonostante tutto firma 28 gol nella sua prima stagione, accompagnando lo United al titolo di Premier League, alla Supercoppa naziponale e all’Europa League. Ma se ne va…
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Uno Zlatan a fine carriera si presenta al cospetto della Major League americana per guadagnare un sacco di soldi in due stagioni. Sigla 53 gol in 58 stagioni. Non vince nessun trofeo ma a tutt’oggi i tifosi americani lo considerano il miglior giocatore mai comparso in MLS: meglio di Kaka, di Gerrard, di Pirlo… e di chiunque altro. Lui saluta nell’ultima conferenza stampa regalando l’ennesima perla: il suo commiato dalla stampa americana è… “Veni, vidi, vici”, anche se gli unici trofei sono quelli individuali.
Torna al Milan: un investimento onerosissimo per un club ancora alla ricerca di un progetto concreto e che sta soffrendo molto la mancanza di un personaggio catalizzatore. Ibra lo diventa con dieci gol nelle prime 16 partite di campionato. E ora il Milan, lontanissimo dal vertice della classifica, pende dalla sua personalità, aggrappato a un giocatore simbolo che ha trasformato il destino di qualsiasi squadra nella quale abbia giocato.
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Secondo uno studio inglese Ibrahimovic, a oggi, è costato circa 300 milioni di euro in cartellini e oltre 220 milioni di euro in ingaggi negli ultimi vent’anni (cifra approssimativa ed esentasse). Gli introiti che ha generato in termini di vittorie, trofei, rientri pubblicitari, incassi e royalties per le squadre nelle quali ha giocato dall’Ajax a oggi, da vent’anni a questa parte, sarebbero superiori a 1.4 miliardi di euro. Decisamente un ottimo affare.
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