Le principali chiavi tattiche della finale di Champions League. Vincono le idee di Flick, non incidono Neymar e Mbappé. Kimmich uomo in più
E’ vero che il possesso palla non fa vincere per forza. Ma se il pallone ce l’hanno quasi sempre gli avversari, vincere sarà comunque più difficile. Il Bayern chiude con una quota di passaggi molto più alta del PSG, toglie ai parigini il dominio del gioco negli ultimi trenta metri e di squadra depotenzia i tre tenori davanti. Neuer, a un minuto dalla fine piantato a braccia larghe come Superman davanti alla porta, dà un contributo non da poco. E’ la vittoria delle idee di Flick, di un giocatore di intelligenza tattica superiore come Kimmich, di un ex inatteso che sbuca dove nessuno se lo aspetta, Coman, e decide la finale.
Linea alta Bayern vs attacco PSG. Il Bayern pressa alto, e non è una novità. Flick ha spiegato in conferenza stampa quanto sarà importante pressare i centrocampisti parigini, i due che costruiscono gioco ed esaltano i passaggi progressivi, dunque Marquinhos più ancora di Verratti. Con la difesa alta, e non sempre compatta soprattutto negli spazi fra il centrale e il suo terzino di riferimento, se la palla arriva a uno dei tre del “Trio Magique” è già tardi.
Al Lione, i tedeschi hanno concesso quattro occasioni nel quarto d’ora. Stasera, non possono permetterselo. Goretzka proprio per questo gioca altissimo nei primi minuti, nella trequarti destra a scambiare con Kimmich, Marquinhos deve ripiegare in posizione più affine al suo passato di difensore.
La partita per i tedeschi si complica. Problema muscolare per Boateng, portato fuori a spalla, dopo il primo vero scatto all’indietro per arginare un 4 contro 2. Vana la rincorsa a Neymar, incerto Alaba che non trova dove stare mentre Di Maria e Herrera giocano a “palla dentro-palla fuori”. Il destro dell’argentino è alto, ma il PSG è una molla: recupera palla e si distende in campo aperto a una velocità che i tedeschi non hanno se devono correre all’indietro. Per Boateng entra Sule, che mantiene compiti di copertura classica.
Più versatile Alaba, che è quarto in Champions per passaggi progressivi ogni 90 minuti, ovvero quelli che mettono almeno un avversario in meno tra chi riceve il pallone e la porta. Sule, che non è certo il più svelto della difesa, compie almeno un intervento decisivo: un raddoppio studiato, col tempo giusto, in appoggio a Kimmich contro Mbappé che rientrava per calciare a 2o’ dalla fine.
Terzini Bayern. Kimmich gioca da attaccante aggiunto, Davies rivelazione della Final Eight nei primi minuti tiene Kehrer. Il PSG difende con i quattro difensori in linea stretti, con il gioco corto il Bayern muove il pallone velocemente per arrivare poi all’imbucata centrale o al cross dalle fasce. In fase di uscita bassa, Kimmich mette i piedi sulla riga laterale, si allontana da Boateng, e questo potenzialmente espone maggiormente il Bayern alle transizioni dei francesi nel corridoio aperto fra i due.
E’ la zona “calda”, in cui si muovono Mbappé e Neymar che si scambiano posizioni, giocano a elastico. Da quella parte, Bernat si trasforma in fattore aggiunto, perché offre una sponda, una linea di passaggio in più o anche solo perché costringe Kimmich a staccarsi.
Giocatore universale come al Bayern è stato Lahm, non a caso amatissimo da Guardiola, Kimmich non solo si propone sulla fascia. Ma riceve in posizione più centrale quando Goretzka scatta senza palla verso la porta: il vuoto sulla trequarti nella zona di centro-destra lo riempie Muller, che porta via un centrale del PSG. Così aumentano lo spazio a disposizione per il cross dall’esterno. Un valore aggiunto determinante in occasione del gol.
Sul suo lato destro, la squadra di Flick crea un triangolo a geometria variabile con Thiago e Muller su cui il Bayern costruisce una parte significativa di un fraseggio simmetrico che produce quasi il doppio dei passaggi nella prima ora di gioco ma solo due tocchi contro nove in area di rigore. E’ da lì che nasce l’azione del gol. Kimmich, più interno di Gnabry, accompagna dentro e crossa sul lato debole. il PSG, fuori tempo nelle scalate, ha la difesa messa male e Bernat schiacciato sul centrale. Alle sue spalle si infila Coman, il meno atteso di tutti, che schiaccia di testa e fa 1-0.
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Mbappé grande assemte. Mbappé, il più atteso, è il grande assente in campo. Poco coinvolto, poco preciso, sbaglia scelte e interpretazioni. Flick va detto ci mette del suo. Quando Mbappé si avvicina al pallone, ha intorno solo maglie rosse nei primi 10′. Così il PSG lo cerca in un altro modo, col cambio di gioco lungo di Kehrer. Uno schema che sorprende la difesa tedesca, che quando c’è da scivolare ha un tempo di gioco di ritardo. Mbappé si accende così in un paio di occasioni.
Prima serve Bernat di tacco, poi tira ma Kimmich accetta l’uno contro uno e lo frustra. E’ il fattore che tiene in apprensione la difesa dei bavaresi che dopo il lockdown hanno vinto 24 partite su 25, e pareggiato l’altra. Ogni errore in uscita lo trova coinvolto, non a caso tra gol e assist ha messo la firma su una marcatura ogni 59 minuti quest’anno. Nel primo tempo, però, non è così freddo davanti a Neuer.
Nel secondo tempo, Tuchel lo inverte con Di Maria. Lo porta dal lato di Davies che è già ammonito, e di fatto stringe un po’ le due ali con Neymar trequartista. Il tridente si apre a ventaglio non appena il PSG riconquista palla. Però nel secondo tempo, anche dopo il gol del vantaggio, lui e Di Maria giocano più stretti ma incidono meno. Perché il Bayern è corto e alto, non dà tempo ai francesi di giocare in profondità, fa leva su Muller che apre spazi per Lewandowski.
Lewandowski. Con un equilibratore come Muller da trequartista con libertà di spostare il suo asse dove serve e quando serve, il Bayern può tenere Lewandowski dentro l’area. Al primo tiro, al 22′, prende il palo. Il centravanti secondo nella Scarpa d’Oro dietro Ciro Immobile tocca più palloni di tutti in area in Champions League, tocca più palloni di tutti in area in Champions, 7.84 ogni 90 minuti.
Neymar. Interessanti i movimenti senza palla di Neymar, che confermano la sua compiutezza. E’ il giocatore che dribbla di più in Champions, nelle squadre del Big 5 nessuno fa avanzare il pallone più di O’Ney per ogni allungo. Ma è diventato meno individualista, più assorbito in un ruolo di riferimento collettivo. Tuchel gli chiede di coprire quando manovra il Bayern, arretra più di Mbappé e Di Maria, come a voler indurre gli avversari a giocare verso le fasce dove il PSG ha più uomini per pressare e ribaltare l’azione negli spazi.
La conseguenza è accettare che aumentino i gradi di libertà di Thiago Alcantara. Il brasiliano riceve 36 passaggi dopo 80 minuti, ma spesso in posizione defilata, “fredda”, lontano dalla porta. Muller ne riceve 31, in quel momento appena meno di Di Maria e Mbappé messi insieme, ma più concentrati verso gli half-space e la trequarti offensiva. Un dettaglio che fa la differenza
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Marquinhos. Tuchel chiede a Marquinhos di essere la mente della squadra, è lui che distribuisce i primi due palloni in verticale per Mbappé. E’ quella la combinazione, dal centro verso l’half-space di centro-sinistra, in cui il PSG sviluppa gioco nella prima mezz’ora: la parata di Neuer su Neymar salva il Bayern.
A 26′ dalla fine, Tuchel cambia la composizione del centrocampo con Verratti per Paredes. L’ex Pescara può giocare più avanti del centrocampista visto all’opera in Italia con la Roma, e Marquinhos si ritrova occasionale centravanti su cross di Di Maria che inventa al 70 uno spazio che sarebbe parso illogico a tanti. Ma c’è sempre Neuer da considerare.
Cambia anche il Bayern. Al 68′ entrano Perisic per Coman e Coutinho per Gnabry, il Bayern abbassa i ritmi e congela il pallone. Il PSG paga anche qualche scelta individuale non proprio ottimale
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