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Europa League

Inter-Shakhtar Donetsk, le chiavi tattiche della semifinale di Europa League

L’Inter conquista la finale con una prestazione sontuosa contro lo Shakhtar. Doppiette per Lautaro e Lukaku, prestazioni da applausi di Barella e Gagliardini. 

L’Inter domina lo Shakhtar Donetsk. E’ un trionfo, 5-0 con doppietta di Lautaro e Lukaku e gol di Lautaro Martinez. La vittoria si costruisce anche su un Gagliardini equilibratore a centrocampo, su Barella decisivo nelle transizioni per bloccare quelle degli ucraini e lanciare le ripartenze dei nerazzurri.

Lo Shakhtar è formalmente schierato con un 4-2-3-1 ma difende secondo un 4-3-3. Marcos Antonio si abbassa da play, Patrick arretra da mezzala. Junior Moraes ondeggia, Taison e Marlos giocano molto larghi per poi cercare il taglio nei corridoi di mezzo. E questo rende cruciale l’attenzione, l’applicazione di D’Ambrosio e Young. Un altro degli elementi su cui l’Inter ha costruito il 5-0, figlio di una migliore interpretazione della partita in ogni zona del campo, per tutti i 90 minuti.

Inter-Shakhtar, il pressing alto è la chiave

Inter: blocchi definiti e ri-aggressione alta. Nessuna delle due squadre pressa alta nei primi venti minuti. Il possesso palla è lento, armonico ma non verticale. L’Inter riesce così a portare i blocchi e chiudere le linee di passaggio. Lo Shakhtar tiene bloccati i centrali, che non hanno lo sprint per ingaggiare il duello in campo aperto con Lukaku e Lautaro, però insiste a giocare il pallone da dietro.

Pyatov si ostina a rinviare verso le fasce ma appena al di fuori dell’area di rigore. In quella zona un pressing orientato può fare la differenza. E’ così che nasce l’azione del gol. Disimpegno sbagliato, aggressione alta di Barella che si apre verso destra mentre Lautaro fa un movimento alla Lukaku, dall’esterno verso il centro. Kryvtsov, meno reattivo, non lo contiene e il Toro di testa fa 1-0.

Se l’Inter può sfruttare i movimenti di Lukaku a dettare la profondità, lo Shakhtar porta solo Junior Moraes dentro l’area e guadagna campo solo con il fraseggio prolungato. I quattro davanti chiedono spesso la palla sui piedi, e questo facilita l’obiettivo di Conte di mantenere compattezza verticale nelle due fasi.

L’Inter sta meglio fisicamente e alla distanza si vede. La pressione negli ultimi trenta metri creano le condizioni per il secondo gol di Lautaro e per il 4-0 di Lukaku, su appoggio ancora di Lautaro. Nella zona centrale, ai 30-35 metri dalla porta, l’Inter ha costruito una vittoria che è figlia anche di una strategia di gioco attenta e perfettamente orchestrata.

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Barella uomo in più, Shakhtar senza profondità

Shakhtar sterile, le transizioni dell’Inter. Castro tiene le linee basse, non va a cercare l’aggressione alta per evitare di esporsi troppo alle spalle del centrocampo. In fase di contenimento, Godin dà sicurezza al trio difensivo di Conte, ed è un aspetto non secondario. Perché lo Shakhar palleggia e svuota l’area di rigore, lasciando che lo spazio diventi il miglior centravanti. Così, senza riferimenti, mantenere le spaziature nelle transizioni non è facile. Si vede nella bella chiusura di De Vrij su Junior Moraes, prima occasione per lo Shakhtar. Occasione in cui Dodò ha preso l’iniziativa sul lato corto dell’area.

La gestione delle fasce e dei corridoi. Il terzino riceve su un cambio gioco, che contro una difesa stretta a tre diventa un’arma in più. Se qualcuno perde i riferimenti, può diventare un problema: chiedere a Bastoni, che deve chiudere in extremis su un cross da sinistra per Moraes, con De Vrij fermo a centro area.

Conte piazza Gagliardini in un ruolo di responsabilità. Deve tenere Patrick ma non stringere troppo per poter aiutare Young sui cambi di gioco per Dodò, che spinge di più del terzino sinistro Matviyenko. Il suo è un ruolo di decisioni e responsabilità, che però ha l’effetto di liberare Barella, l’uomo del cambio passo, che scompiglia gli equilibri: il migliore in campo nel primo tempo.

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Inter-Shakhtar, D’Ambrosio poi lo show

Inter-Shakhtar, D’Ambrosio poi lo show

I calci piazzati, l’oro di Conte. L‘ingresso di Solomon per Patrick riallinea lo Shakhtar secondo il 4-2-3-1 nelle due fasi. La partita fino al 60’ non si scuote. Lo Shakhtar non va in profondità, Gagliardini identifica una dimensione precisa per chiudere lo spazio di mezzo, gli attaccanti schermano l’uscita bassa. L’Inter non tira, ma non rischia nemmeno dietro.

E raddoppia, stavolta da calcio d’angolo. D’Ambrosio, a cui nelle ultime settimane riesce tutto o quasi, sbuca sul secondo palo alle spalle di Matviyenko troppo concentrato a guardare Lukaku: in questo modo non si accorge del terzino che sale alle sue spalle e lo brucia sul tempo. Da qui, l’Inter esonda contro uno Shaktar senza più paratie né protezioni.

I numeri del match. I nerazzurri tirano 12 volte, di cui 9 in porta. Gli ucraini vedono lo specchio una volta sola. La partita testimonia quanto possa essere fuorviante il dato sul possesso palla. 598 i passaggi riusciti agli ucraini, 330 all’Inter che tocca la metà dei palloni nella trequarti avversaria ma crea il doppio delle occasioni.

Il gioco dell’Inter si articola su Godin, primo regista che affida a Brozovic il compito di spostare il pallone verso l’attacco (23 scambi fra i due). Lo Shakhtar fatica a entrare in area, l’Inter pressa più alta e porta una quantità decisiva di contrasti nella zona di centro-destra del suo schieramento difensivo tra il limite dell’area e il centrocampo. Vincono il doppio dei contrasti, i nerazzurri (15 a 8), spiccano i 3 anticipi di Barella e De Vrij, che vince anche tre duelli aerei come Godin, i 2 di D’Ambrosio e Brozovic. E’ un trionfo di squadra a tutto campo.

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Alessandro Mastroluca

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Alessandro Mastroluca

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