La Procura di Milano che indaga per i fatti nell’inchiesta per corruzione internazionale di Eni, ha chiesto 8 anni di carcere per Paolo Scaroni, oggi presidente del Milan, dal 2002 al 2014 amministratore delegato del gruppo
Su Paolo Scaroni oggi presidente del Milan pendeva ancora il primo grado di giudizio del processo milanese, che lo vede coimputato insieme all’attuale Ad di Eni, Claudio Descalzi, per presunte tangenti in Nigeria, era il 2011. Oggi pomeriggio il procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, per i due imputati hanno chiesto la condanna a otto anni di carcere. Descalzi, all’epoca era il direttore generale della divisione Exploration & Production e attuale amministratore delegato di Eni, di fatto il successore di Scaroni. L’accusa è corruzione internazionale con al centro delle indagini una presunta tangente da 1,092 miliardi di dollari che le compagnie petrolifere Eni e Shell avrebbero pagato alla politica africana per ottenere le licenze dei giacimenti nel paese. Dopo una requisitoria di quasi nove ore sono in tutto 11 le condanne richieste. I magistrati milanesi hanno chiesto l’aggravante della transnazionalità.
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Non solo le richieste di condanna agli imputati, la Procura di Milano ha chiesto anche la confisca di beni alle compagnie coinvolte nel processo, che secondo l’accusa non potevano non sapere, insieme ai tredici imputati: il valore è di oltre 2,1 miliardi. Descalzi e Scaroni hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento. Il 9 settembre si tornerà in aula, quando a prendere la parola sarà la difesa del legale del governo nigeriano, costituitosi parte civile. A Gennaio di quest’anno il presidente del Milan, Paolo Scaroni insieme ad altri otto imputati era stato assolto dalla sentenza della Corte d’appello di Milano, che aveva ribaltato il primo grado nell’altro processo per corruzione internazionale sulla presunta tangente da 197 milioni pagata da Eni a presunti mediatori algerini. Tutti assolti perché il fatto non sussiste e le prove non sono sufficienti, la decisione dei giudici.
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