La partita del secolo, Italia-Germania 4-3, compie cinquant’anni. Una partita che ha ancora tanto da raccontare. Vi presentiamo dieci curiosità poco note su una sfida da leggenda
Una grande storia continua per anni a parlare alle generazioni. Se si allarga lo sguardo al di là del centro, delle radici dell’emozione, si scoprono dettagli e punti di vista inattesi anche laddova si credeva di conoscere tutti. Vale anche per una partita diventata leggenda, Italia-Germania 4-3, la partita del secolo. A cinquant’anni da quel 17 giugno 1970, quei 120 minuti conservano fascino, magia e lati poco noti. Li hanno raccolti Alberto Facchinetti e Roberto Brambilla, due giornalisti capaci di raccontare lo sport con infinita curiosità e altrettanto rigore, in un libro, “Quattro a tre“, per Edizioni In Contropiede. Contiene alcune piccole perle, come le dieci curiosità che vi proponiamo su una sfida diventata molto più di una semplice partita.
Omar Sivori segue il torneo per il Corriere dello Sport. Detta i pezzi a un collega che li scrive e li spedisce a Roma. Dopo la vittoria degli azzurri nel quarto di finale contro il Messico, il “Cabezòn” pubblica il suo pronostico per il Mondiale. L’Italia, dice, arriverà in finale ma perderà contro l’Uruguay che secondo lui eliminerà il Brasile. Si avvererà solo per metà.
Bruno Pizzul ha commentato per la Rai il quarto di finale tra la Germania Ovest e l’Inghilterra a Guadalajara. Con quella partita, la sua esperienza con la Rai per il Mondiale del 1970 è finita. Riesce però a salire sull’aereo insieme ai tedeschi, e dopo un viaggio pieno di turbolenze li aiuta anche a scendere dopo l’atterraggio a Città del Messico.
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La partita del secolo va in scena allo stadio Azteca. Il nome l’ha scelto Antonio Vázquez Torres di León che ha vinto un concorso indetto dalle poste. I messicani lo chiamano “Il Colosso di Santa Ursula”, perché lo stadio è costruito dove prima c’era un terreno dedicato alla santa. Dopo quattro anni di lavori, viene inaugurato il 29 maggio 1966. Sarà lo stadio dell’America, il potente club del presidente Emilio Azcárraga, vertice del colosso delle comunicazioni Televisa, che per la partita inaugurale invita il Torino, in tour in America Latina. I granata non schierano tutti i titolari, nell’America gioca Vavà, che con Didì e Pelè formava un trio di stelle familiare in Italia per un’orecchiabile canzone del Quartetto Cetra. I messicani vanno sul 2-0, ma il Torino pareggia con una doppietta di Aristide Guarnieri.
I tedeschi hanno paura del Messico. La squadra viaggia con chili di pastiglie di vitamine, il cuoco vorrebbe far entrare carne congelata per un valore di 10 mila marchi ma non passa la dogana. Per reagire alle difficili condizioni climatiche, il ct ha dato un consiglio decisamente particolare ai giocatori: bere un bicchiere di whisky due volte al giorno. E controlla personalmente che eseguano.
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La partita del secolo la arbitra Arturo Yamasaki, peruviano di nascita e messicano di passaporto, che ha diretto anche una finale di Copa Intercontinentale prima della sfida. Ha un doppio legame con l’Italia. E’ diventato amico di Concetto Lo Bello ai Mondiali del 1966, ma ha anche un debito di riconoscenza nei confronti di Diego De
Leo, un arbitro italiano anche lui al Mondiale del ’70 con la Federazione messicana.
A metà del secondo tempo, Franz Beckenbauer si fa male alla spalla. Se uscisse, la Germania Ovest concluderebbe la partita in dieci. Il Kaiser gioca col braccio al collo, e il pareggio di Schnellinger allunga la sua agonia. Sembra “un orgoglioso ufficiale prussiano ferito” scrivono i giornalisti inglesi.
Prima dei supplementari, del suo braccio si occupa il sessantenne Erich Deuser, massaggiatore della nazionale da oltre un ventennio. Una storia iniziata nel 1951 quando l’allora ct della Mannschaft tedesca Sepp Herberger lo sceglie dopo averlo conosciuto alla Sporthochschule di Colonia.
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Nella foto delle formazioni schierate prima della partita, si vedono due palloni diversi. Sono due Telstar, che deve il nome a uno dei primi satelliti per le telecomunicazioni. Adidas ha prodotto 500 palloni per il Mondiale: 100 in bianco, 300 bianco e nero e 100 in marrone. La Germania completa il riscaldamento con una versione bianca e nera, quella riposta ai piedi dei giocatori. Poco prima del calcio d’inizio, qualcuno del comitato organizzatore lo prende e lo offre al giornalista messicano Carlos Garcia. Si parte col pallone tutto bianco, con cui Boninsegna firma il vantaggio dell’Italia. Ma si sgonfia. Quando la semifinale diventa la partita del secolo si gioca con un pallone con 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi.
In campo c’è anche il tedesco Uwe Seeler, il più vecchio tra i ventidue in campo, benché avesse dato addio alla Nazionale nel 1968. Il ct Helmut Schön gli chiede di fare la riserva di Gerd Muller a cui però la rivalità non piace proprio: o me o lui, dice. Schön va da Seeler e gli propone di stare in camera con Muller, e a Gerd se accetta di stare con Uwe. I due sono d’accordo. Nella stanza numero 15 del ritiro di Comanjilla nasce una bella amicizia.
Nel carcere di Città del Messico c’è la fuga di un gruppo di detenuti che ne approfitta dell’assenza
delle guardie troppo concentrate a guardare in tv i supplementari.
Non ci può credere, verrebbe da dire. “Non ci si può credere” esclama Ernst Huberty, telecronista della Ard, vedendo Schnellinger sbucare dove nessuno se lo aspetta, pareggiare e mandare la partita ai supplementari. Quel suo “Ausgerechnet Schnellinger”, “proprio Schnellinger”, entra subito nel cuore di tutti i tifosi tedeschi all’ascolto. “Avete lottato in maniera egregia, giocato in maniera fantastica, grazie davvero. Qui in Messico siete stati grandissimi” dice a fine partita, poi guarda il vuoto.
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