Eric Cantona ha tracciato la sua formazione ideale per il quotidiano spagnolo Marca. Ne è emerso un undici nostalgico, non scontato, con qualche scelta a sorpresa
Una top 11 con qualche sorpresa, il meglio del calcio mondiale delle passate generazioni e una quantità di talento vicina all’infinito. E’ il “Dream Team” che Eric Cantona ha disegnato in un sondaggio tra le “Top 11” di calciatori vip proposto da Marca lo scorso aprile.
Cantona, diventato attore, volto di una serie di documentari sportivi, ha stupito tutti nel suo discorso durante la cerimonia del sorteggio di Champions League l’estate passata. “Per gli dei, noi siamo come le mosche per i ragazzi di strada; ci uccidono per il loro divertimento“ ha iniziato così, citando Re Lear. Per poi proseguire su toni profetico-apocalittici. “Diventeremo eterni. Ci uccideranno solo incidenti, crimini e guerre. Ma crimini e guerre purtroppo aumenteranno. Io amo il calcio”.
L’amore per il calcio si vede nella sua top 11, decisamente inusuale rispetto alle scelte di altri campioni che si sono prestati allo stesso divertissement. In porta, per esempio, sceglie un nome molto poco convenzionale, il colombiano René Higuita, un uomo che ha rischiato tutto e in prima persona, ha parato, dribblato e segnato, visitato in carcere Pablo Escobar, vissuto il carcere.
Come modulo, ha voluto un 3-1-3-3 decisamente offensivo. In difesa, sul centro-destra Junior, che in carriera ha iniziato come terzino su quel lato per poi spostarsi a sinistra e finire da regista di centrocampo, amatissimo in Italia dai tifosi di Torino e Pescara. Al centro, il libero che ha cambiato il concetto del ruolo, il Kaiser Franz Beckenbauer: un centrale moderno mezzo secolo fa. Sul centro sinistra, Paolo Maldini. Un trio di leggende difficile da superare o da migliorare.
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Eric Cantona, quanti talenti nella top 11
L’elemento di equilibrio, quello che un tempo si sarebbe detto centromediano metodista, è il poeta delle geometrie invisibili, degli spazi intuiti prima del loro manifestarsi: naturalmente si tratta di Xavi, architrave del Barcellona di Guardiola. Quel Barcellona deve tanto, forse tutto, a Johann Cruijff, che idealmente col suo numero 14 gli gioca accanto nella top 11 di Cantona. Il sottile confine fra la velocità e l’intuizione farebbe oggi la fortuna di qualunque squadra, in un calcio tutto contro-pressing e transizioni veloci per occupare gli spazi di mezzo.
La squadra ideale del francese privilegia qualità, visioni, una forma di bellezza antica che diventa universale e senza tempo. Nella formazione ideale, ad esempio, vuole anche Zinedine Zidane e Diego Maradona, che raccontano il prima il dopo del “numero 10”, del fantasista, uno dei ruoli che ha cambiato più volte stili di interpretazione.
Il trio d’attacco sarebbe spumeggiante anche in un videogioco. Leo Messi accanto a Pelé e alla “Saeta Rubia” Alfredo Di Stefano, la stella del Real Madrid che vinse le prime cinque Coppe dei Campioni di fila. Semplicemente, una leggenda diventata un mito in un calcio virato seppia, in cui la passione si trasmetteva di generazione in generazione nei racconti, per trasmissione orale. Senza Youtube, senza immagini o quasi. Con la forza della parola. Quella parola che Eric Cantona ha dimostrato di saper plasmare e maneggiare esattamente come riusciva a domare ogni pallone.
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