Duncan, messaggio social contro il razzismo: “L’odio è una malattia”

Duncan, centrocampista ghanese della Fiorentina, ha scritto un lungo post sul suo profilo Instagram contro ogni forma di discriminazione razziale

Duncan, messaggio social contro il razzismo: "L'odio è una malattia"
Duncan, messaggio social contro il razzismo: “L’odio è una malattia”

Sono stato vittima tante volte. Mi hanno insultato e umiliato. Sono stato ignorato dalle persone che mi erano più vicine. Non mi devono ricordare che sono nero, non potrei essere più fiero di quel che sono“.

Inizia così un lungo post su Instagram di Joseph Alfred Duncan, il centrocampista della Fiorentina, che si batte contro ogni forma di discriminazione. Il ghanese classe 1993 segue la scia del difensore del Bayern Monaco Jerome Boateng e invita alla responsabilità delle proprie azioni. Soprattutto, parla delle discriminazioni razziali come un problema soprattutto di istruzione.

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Il messaggio di Duncan su Instagram

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Duncan fa partire la sua riflessione da un principio biblico. “La gente tende a dimenticare che siamo stati creati dalla polvere e che polvere torneremo” ha scritto. Questo presupposto significa, prosegue, che nessuno è nato razzista. Diventarlo, sostiene, “è una questione di istruzione, di educazione: inizia a casa, dai genitori” dice.

Il centrocampista viola manifesta una fierezza consapevole, maturata attraverso le esperienze difficili. “Non mi sentirò mai inferiore a nessuno, per nessuna ragione” scrive, “siamo tutti umani ed è questa l’unica razza che conosco“.

Duncan invita anche a comprendere l’effetto di alcuni comportamenti. “Seguire un post in trend sui social contro il razzismo non ti rende un non-razzista” scrive. E promette battaglia contro ogni azione discriminatoria. “Non permetterò a nessuno di insultarmi, perché io non lo faccio a nessun altro“. Così invita i suoi “fratelli” ad essere forti perché, scrive, “chi prova a buttarci giù è già sotto di noi“.

L’odio, conclude, “è una malattia che non si può curare. Sono umano e adoro essere me”.

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