Julian Nagelsmann, baby prodigio della panchina in Bundesliga, potrebbe arrivare al Milan insieme a Rangnick. Scopriamo la sua storia e i suoi primati di precocità
Il futuro del Milan sembra avviato verso il binomio tedesco, con Ralf Rangnick direttore tecnico e Julian Nagelsmann, baby prodigio della panchina come allenatore. Attuale tecnico del Lipsia, ha infatti 32 anni. E’ il più giovane ad aver esordito in Bundesliga, guidando l’Hoffenheim, e il più precoce a guidare una squadra nei quarti di Champions League.
Gli infourtuni l’hanno costretto a smettere presto. Non è mai diventato il difensore centrale che avrebbe desiderato, così a vent’anni ha cominciato ad allenare nelle giovanili del Monaco 1860.
Nato a Landsberg am Lech, dove Hitler dettò il Mein Kampf, ha avuto un incontro decisivo con Thomas Tuchel, che all’Augsburg II lo tiene per un anno come assistente per studiare gli avversari. E’ un “nerd” e lo resta. Studia giocatori e avversari con i droni, archivia i dati in DVD, guarda a Tuchel e a Pep Guardiola come ai suoi modelli.
L’esplosione all’Hoffenheim
Nel 2014 lo cerca il Bayern Monaco, ma i colloqui informali non portano a nulla. Scala le gerarchie e le categorie giovanili dell’Hoffenheim. Il presidente Dietmar Hopp, ha scritto Roberto Brambilla su MondoFutbol, ha costruito la sua fortuna grazie alla SAP, un’azienda di computer e sistemi di automazione. Perfetta per un amante dei big data come lui.
La sua rapida scalata tocca la vetta nel febbraio 2016, quando viene promosso capo allenatore. Sostituisce Huub Stevens che ha problemi di salute e ha lasciato las squadra al penultimo posto. Riesce a salvarla, poi arriveranno un quarto e un terzo posto. Il piccolo Hoffenheim centra per la prima volta nella sua storia la qualificazione in Champions League.
Il suo percorso strega Ralf Rangnick, tecnico rigido e visionario a capo dei progetti calcistici della Red Bull. Lo prende al Lipsia e inaugura la gestione a due che il Milan vorrebbe riproporre, come ai tempi di Nereo Rocco e Gipo Viani che costruirono insieme la squadra capace di dare all’Italia il primo trionfo in Champions League.
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Nagelsmann e il fenomeno Lipsia
Il “baby Mourinho“, soprannome che gli ha dato il portiere wrestler Tim Wiese e non con intenzioni positive, si presenta con una difesa a quattro, e un 4-1-4-1 che diventa 4-3-3. Presto, però, cambia modulo e si orienta verso un 3-4-3 fluido. Ma non sono i numeri a caratterizzare il suo approccio. Cambia schemi e moduli più volte anche nella stessa partita, si adatta agli spazi, agli avversari, alle situazioni. Crea equilibri mutevoli su principi fissi, come il contro-pressing costante e l’intensità con e senza palla.
E’ una squadra asimmetrica, fluida, che in caso di necessità sa anche aspettare.Ma prova sempre a dominare la situazione, a controllare l’evoluzione della manovra anche quando il pallone ce l’hanno gli altri. L’espressione massima di questa flessibilità ricercata come un punto di forza è il bomber Timo Werner, centravanti in continuo movimento.
Come ha scritto Flavio Fusi, su Ultimo Uomo, Nagelsmann è convinto che il successo di un allenatore si deve per il 70% alle capacità socio-relazionali. Comprensibile, se hai iniziato ad allenare quando la maggior parte dei ragazzi comincia a giocare in prima squadra. Se per anni devi soprattutto convincere la tua squadra che non sei di passaggio e non sei arrivato per caso. Perché solo così, in fin dei conti, possono fidarsi di te.
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