Gravina torna a parlare della situazione in Serie A durante il meeting online dell’Ascoli Calcio “Crescere insieme”. Il Presidente FIGC è chiaro: non intende fermare il calcio italiano. Lo stop, in tal caso, dovrà essere imposto dal Governo.
Blocco o non blocco, questo è il problema. Gabriele Gravina, sul destino della Serie A, era già stato chiaro da Fazio qualche domenica fa: “Non sarò mai il becchino del calcio italiano”. Significa, in definitiva, che lui la spina al sistema calcistico non la staccherà mai. Allora bisogna aspettare per capire cosa fare, mentre la pandemia imperversa: esiste una data limite per provare a recuperare la stagione. Entro e non oltre la quale si potrà andare. Superato il margine consentito, sul campionato 2019-2020 cadrà un alone di mistero: il motivo è più che valido, eventualmente. La pandemia avrà avuto la meglio, come importanza e delicatezza di temi, priorità e responsabilità.
Serie A, Gravina: “Non firmo per la morte del calcio italiano”
La FIGC con Gravina, comunque, aspetta: un conto è che sia il Governo a mettere la parola fine alle ostilità, un altro è che la Federazione Italiana Giuoco Calcio debba chiudere il sipario di sua spontanea volontà: “Sarebbe fare il funerale al calcio italiano”, sottolinea ulteriormente Gravina nel corso del meeting online dell’Ascoli Calcio “Crescere Insieme”. Tornano le metafore funebri, perchè – in caso di stop delle attività – i risvolti per l’indotto calcistico sarebbero tutt’altro che rosei: “Il tempo lavora a nostro favore, il danno economico è diviso per categorie: con la chiusura totale il sistema perderebbe 700-800 milioni di euro, se si dovesse giocare a porte chiuse la perdita sarebbe di 300 milioni, se si ripartisse a porte aperte la perdita ammonterebbe a 100-150 milioni, anche se quest’ultima ipotesi non è percorribile”, ha detto Gravina.
La questione, dunque, è di natura economica ma anche e soprattutto di natura legale: ecco perchè – secondo il Presidente della FIGC – se l’opzione più accreditata dovesse rimanere quella della chiusura definitiva del campionato a dirlo dovrebbe essere il Governo: “Ce lo imponga, come è stato stabilito in Francia. Io rispetterò sempre le regole ma il segnale deve arrivare da loro”. È un continuo passarsi la palla – per rimanere in tema – ma nessuno (finora) ha concluso a rete: in un senso o nell’altro.
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Siamo in questo limbo perenne, in attesa di capire e verificare, fra protocolli stilati e interminabili attese con l’auspicio che prima o poi si riesca a dissolvere una matassa sempre più intricata: “Vi immaginate quanti contenziosi dovremmo affrontare in caso di stop? Chi viene promosso? Chi retrocede? Quali diritti andremo a calpestare? Tutti invocano il blocco, lo faccia il Governo”, tuona ancora Gravina. Il messaggio è chiaro, serve una presa di coscienza che necessariamente dovrà essere sviscerata non senza conseguenze.
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