I medici sportivi delle società hanno inviato una lettere alla commissione tecnico-scientifica della Figc per chiedere chiarimenti su alcuni punti del protocollo medico-sanitario
Cosa ne sarà della stagione 2019/20? È questa la domanda che ricorre sovente nelle ultime settimane. Come più volte ribadito dal presidente della Figc, Gabriele Gravina, l’intento è ripartire. Ma di farlo nel massimo rispetto della salute dei giocatori e di tutti coloro che li assistono quotidianamente. Per tale ragione, infatti, nei giorni scorsi la Commissione medico sportiva della Figc, presieduta dal prof. Paolo Zeppilli, ha proposto un protocollo medico-sanitario contente le linee guida che ogni società dovrà rispettare per assicurare la salute di tutti i tesserati. Protocollo che, in settimana, è stato sottoposto all’attenzione del ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili, Vincenzo Spadafora, il quale al termine dell’incontro non si è sbilanciato, predicando prudenza.
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Chi credeva che la redazione del protocollo sanitario potesse rappresentare un primo passo importante per il ritorno in campo, si sbagliava. Il documento, infatti, ha creato sin da subito diverse discussioni. Diversi i punti finiti al centro del dibattito: la questione legata al numero di tamponi ai quali dovrebbero essere sottosti i tesserati di ogni società, la sicurezza durante le trasferte (treni e aerei saranno ogni volta disinfettati?), il distanziamento sociale (misura impossibile da rispettare nel calcio), ma soprattutto, la questione inerente alle conseguenze legali in caso di nuovi contagi durante gli allenamenti. Chi sarebbe responsabile?
Quesito, questo, avanzato anche dai medici sportivi di ben 17 club di Serie A. Nella lettera di 20 pagine inviata alla commissione tecnico-scientifica della Figc, infatti, gli specialisti hanno posto l’attenzione sulla poca chiarezza del protocollo su questo punto: “Nel caso in cui un membro del gruppo risultasse positivo non è chiaro se le attività di squadra possono riprendere regolarmente per gli atleti che risultassero negativi agli accertamenti previsti”.
Le società che hanno scritto la lettera sono state: Atalanta, Bologna, Cagliari, Brescia, Fiorentina, Inter, Lecce, Milan, Napoli, Parma, Roma, Sampdoria, Sassuolo, Spal, Torino, Udinese e Verona. Assenti solo Juventus, Lazio e Genoa. I giallorossi, come si legge tra le righe, chiedono: “Come gestiamo la positività di un giocatore alla vigilia di una partita? Partita rinviata, di quanto?”. Il Parma, invece, è apparso preoccupato per la salute di alcuni suoi tesserati, perché di età superiore ai 65 anni: “Abbiamo qualcuno over 65, che dobbiamo fare?”. Insomma i dubbi sono tanti. Nonostante giorni fa abbiano dato l’ok al ritorno in campo, le società sembrerebbero ancora scettiche sulle modalità di ripresa.
Malgrado tutto, arriva un ulteriore chiarimento dopo le perplessità espresse nel carteggio iniziale: i medici sportivi, infatti, attraverso alcune precisazioni rilasciate all’Ansa chiariscono che certe questioni sono state sollevate con “spirito positivo”, al fine di coniugare “sicurezza ed applicabilità”. In sostanza, nessuno sarebbe totalmente contrario alla ripresa – con relativo epilogo – del campionato in corso momentaneamente sospeso. Vengono, tuttavia, chieste maggiori garanzie. Tutta questa titubanza era stata evidenziata – diciamo così – già dal 19 aprile. Prima del recente incontro avvenuto con il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora.
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