Il mondo del calcio si prepara alla stretta finale per tentare di far ripartire il calcio: sarà difficile trovare un’intesa, perché il fronte delle squadre che non vogliono ripartire è ampio, e tra queste ci sarebbero anche Juventus e Inter
Sulla ripresa del calcio è in atto una vera e propria “guerra” sottile e latente. Due fronti contrapposti su posizioni inconciliabili. Quello di chi vuole ripartire ad ogni costo, come il presidente della Figc Gravina, che ha rilanciato il suo proposito di “guerra”. “Non sarò il becchino del calcio”. Dalla sua parte anche diversi club di Serie A, con la Lazio di Lotito furiosamente schierata per la ripartenza ad ogni costo, così come altri club influenti come Napoli e Milan. E poi c’è la schiera di chi non vuole ricominciare, quasi tutte le “piccole”, con Brescia e Sampdoria a fare da capifila.
Ma in questo fronte oppositivo, segretamente, ci sarebbero anche Juventus e Inter: è questa l’ipotesi del Corriere della Sera. Il nodo resta sempre lo stesso: la contesa sui soldi. I diritti tv sono un macigno che fa paura: interrompere il campionato significherebbe perdere l’ultima tranche di pagamento da parte delle pay tv, e soprattutto darebbe il via a una pioggia di ricorsi che colpirebbe la Figc. Reclami dovuti al fatto che i soldi dei diritti tv si spartiscono in base alla classifica finale: e come si farebbe con un campionato lasciato tronco alla 26esima giornata?
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Secondo il Corriere dello Sport ci sarebbero Cairo e Cellino a tenere le redini del “partito del no”, ma il presidente della Figc Gravina non si nasconde, anche a costo di sfidare il Coni di Malagò, anch’esso non favorevole alla ripresa del calcio. Intanto oggi a Milano ci sarà il Consiglio di Lega, domani l’Assemblea. Il programma prevede di trovare una strada appoggiata almeno da una maggioranza dei club di Serie A. La strategia dei ribelli dovrebbe prevedere una serie di paletti rigidi in modo da complicare la ripartenza: richieste fondamentali, con Udinese e Bologna promotori per mettere nero su bianco condizioni indispensabili. Ad esempio, la chiusura certa del campionato il 31 luglio. E poi c’è l’opposizione a giocare le partite solo al Centro-Sud.
Ci sarebbero troppi problemi logistici e costi non sostenibili. Infine, il nodo cruciale e la gestione di eventuali calciatori positivi. Intanto, i punti all’ordine del giorno sono i diritti tv e le spartizione dei soldi per le ultime 12 giornate, quelle ancora da giocare. Secondo la Legge Lotti, il 22% di questi introiti viene stabilito in base ad audience e spettatori allo stadio. Ma se si giocherà a porte chiuse (cosa certa) come si potranno ripartire i diritti? Le piccole propongono un “forfeit”, ossia una fetta uguale per tutti. Le grandi, ovviamente, si oppongono. Il problema si porrà anche per la prossima stagione, in quanto è praticamente scontato che almeno fino al 2021 tutti gli stadi saranno chiusi al pubblico.
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