Sono passati cinquant’anni, ma il 12 aprile 1970 resta ancora la domenica della rivoluzione del calcio italiano. Il Cagliari vince il primo, e finora unico scudetto, della sua storia. Celebra il trionfo che per Gianni Brera ha rappresentato il vero ingresso della Sardegna in Italia.
Quella domenica di festa il Cagliari affronta il Bari ultimo in classifica. Lo stadio Amsicora è stracolmo, la tensione nei calciatori del Cagliari è alta. Il Cagliari, per assicurarsi lo scudetto matematico a tre giornate dalla fine, deve vincere e sperare che la Juventus perda in casa della Lazio.
Scopigno, l’allenatore filosofo del Cagliari, di solito non parla con i calciatori prima delle partite. Ma la partita contro il Bari non è come le altre. “Ragazzi, siete arrivati sino a questo punto. Vedete un po’ voi cosa dovete fare” dice ai suoi giocatori, compreso Gigi Riva, nel tempo diventato un amico, che la notte prima non ha praticamente chiuso occhio.
Cagliari, la vittoria sul Bari
Il Bari parte spavaldo. Spadetto e Cané impegnano il portiere Albertosi, che non era arrivato a Cagliari volentieri. Ma ha contribuito a un’impresa senza precedenti. “In Sardegna penso che non arriverà mai più uno scudetto. È stata una cosa importantissima, soprattutto per la Sardegna. Era conosciuta solo per rapimenti e banditismo. Quando abbiamo vinto il campionato c’è stata una rivincita, era diventata una regione importante” ha detto a Cagliari News 24. Ancora oggi, racconta, torna sull’isola un paio di volte l’anno a trovare amici ed ex compagni di squadra. La riconoscenza è ancora intatta.
Il Cagliari si sblocca al minuto 39. Punizione di Brugnera, tuffo di Riva, 1-0. Il secondo tempo comincia con Lazio e Juve sullo 0-0, come scoprono i tifosi attaccati alle radio. All’epoca, Tutto il calcio minuto per minuto trasmetteva solo i secondi tempi, per non penalizzare l’afflusso negli stadi.
Al 52′ all’Olimpico segna Ghio, e 22 minuti dopo raddoppia Chinaglia su rigore. Il tempo all’Amsicora sembra dilatarsi fino all”88′. Gori, spostato a destra, salta Simi con due finte e conclude sotto l’incrocio. E’ un’emozione, racconterà anni dopo, troppo intensa per poterla spiegare. La classe operaia va in Paradiso. Il Cagliari di Tomasini e Niccolai, l’artista dell’autogol, di Martiradonna e Greatti, che si chiamava Ricciotti come un figlio di Garibaldi, di Domenghini, Nené e Riva, ha conquistato lo scudetto. Per la prima volta, il tricolore scende a sud di Roma.
Quel successo, ha detto Riva all’ANSA, è “il ricordo più bello della mia storia di calciatore”. Dopo la partita Riva ha mantenuto una promessa e dato la maglia numero 11 a Loseto, l’avversario che l’ha marcato. Poi, l’attaccante simbolo di quel Cagliari, che in Sardegna ha scoperto una seconda famiglia, il bomber che esulta con i pugni stretti verso terra, si gode la festa.
La festa del Cagliari e della Sardegna
Il mattino dopo, prosegue, “è stato forse ancora più bello. Bello perché dopo il Bari ci sembrava di sognare. Ma quando ci siamo svegliati ci siano davvero resi conto di quello che avevamo fatto. L’abbiamo capito solo allora. Era lunedì: non c’era allenamento, ma con la squadra e Scopigno, che la sera doveva partire a Roma, ci siamo trovati all’Amsicora. Vuoto, mentre 24 ore prima era stracolmo. Lì, nel silenzio, ci siamo guardati in faccia. E abbiamo realizzato che era tutto vero“.
L’impresa del Cagliari rivivrà oggi su Radio 1 Rai. I protagonisti di quello scudetto saranno ospiti di Giovanni Scaramuzzino in “Domenica Sport” dalle 14. Il ricordo sarà accompagnato dalle voci dell’epoca dei radiocronisti di “Tutto il calcio minuto per minuto” e da piccoli tesori estratti dalle Teche Rai. Per ricordarci che tutto questo è successo davvero.
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