Il rapporto tra Suso e il Milan non sembrerebbe essersi chiuso nel migliore dei modi. Fischi dei tifosi e prestazioni sotto tono hanno caratterizzato la parte finale della sua esperienza in rossonero e a tutto questo si è aggiunto un duro attacco dello stesso giocatore al club, in un’intervista rilasciata al quotidiano As.
L’esterno si è trasferito al Siviglia nella finestra di mercato invernale ed è riuscito a disputare solamente sei partite prima della sospensione della Liga a causa del Coronavirus. Quattro le gare iniziate come titolare, solo una giocata per 90 minuti, proprio quella in cui è riuscito a mettere a segno l’unico gol e l’unico assist di questa sua nuova esperienza. Un rendimento altalenante che sarebbe potuto diventare costante solamente con il prosieguo della stagione.
Suso, l’attacco al Milan dopo il suo passaggio al Siviglia
Una continuità che mancherebbe anche al Milan, come sottolineato dallo stesso Suso nell’intervista ad As. Lo spagnolo ha infatti dichiarato: “Lì ci sono stati tre presidenti, diversi allenatori, dozzine di giocatori… E’ difficile iniziare qualcosa di solido. Ogni anno c’è una novità”.
L’ex calciatore rossonero non dimenticherà facilmente il suo recente passato, ma punta sicuramente ad un futuro vincente in Spagna. Con il Siviglia ha firmato un contratto per 18 mesi di prestito e obbligo di riscatto nel caso vengano a verificarsi delle specifiche condizioni.
Una soluzione che ha motivato il giocatore, intenzionato a voler rimanere nella sua nuova squadra, come ammesso da lui stesso: “Spero di poter giocare la Champions, sarebbe bello. Vorrei ovviamente vincere qualcosa e rimanere qui, spero che accada. Il gap con le grandi si può accorciare grazie al lavoro, all’intensità e alla passione”. Poi un elogio al direttore sportivo Monchi: “Ha fatto molto bene fin dal suo arrivo”.
Il giocatore ha concluso l’intervista parlando anche del Coronavirus, tema centrale in queste settimane difficili: “Vivo la quarantena insieme alla famiglia, non usciamo da casa. Ho un piccolo giardino e sto spesso con mio figlio. Dobbiamo allenarci ovviamente, anche se correre sul tapis roulant è un po’ monotono. Quando accadono queste cose però il calcio passa in secondo piano. Nessuno immaginava che in Italia avrebbe avuto un tale impatto”.
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