L’emergenza Coronavirus è il tema principale di discussione in queste settimane. Il mondo del calcio è coinvolto direttamente, anche nelle critiche al modus operandi delle nazioni di fronte all’espansione della pandemia.
Una delle prese di posizione più dure a riguardo è arrivata da Nicola Legrottaglie che ha attaccato duramente la condotta del governo britannico nell’affrontare la crisi. L’allenatore del Pescara si è sfogato con un lungo post su Instagram nel quale non ha risparmiato il premier Boris Johnson.
“Immunità di gregge” così ha definito Boris Johnson la linea del governo inglese sul Coronavirus. L’idea è quella di aspettare che gran parte della popolazione diventi immune all’epidemia, per poi fare da scudo alla diffusione del virus. Un concetto poco attuabile in mancanza di vaccini e che ha portato ad aspre critiche anche in seguito alla frase dichiarata dallo stesso Premier: “Molte famiglie perderanno i loro cari”.
Per stigmatizzare le parole di Johnson, Legrottaglie ha pubblicato la foto di un gregge di pecore, spunto ideale per partire con la sua riflessione: “Tanta roba l’Inghilterra. Invidiabile nella Premier league o nel rugby, incantevole sugli autobus doppi o i taxi neri, amabile negli scritti di Shakespeare o Dickens, superlativa nella musica dei Beatles e dei Rolling Stones, ammirevole nelle menti di Newton o Darwin”.
Il tono del post, però, diventa subito dopo estremamente accusatorio: “Il vecchio Darwin, quello nuovo un po’ meno, il suo primo ministro, che propone la selezione naturale come soluzione al Coronavirus. Immunità di gregge, ordina. Il 60% della popolazione si ammalerà. Chi avrà l’età e la forza per sopravvivere andrà avanti; gli anziani, gli affetti da altre patologie, i deboli…e vabbè, pazienza, se ne farà a meno. Un paese che abbandona i deboli è come un medico che cura solo i sani, praticamente inutile”.
Legrottaglie ha poi concluso con un plauso all’Italia, che sta combattendo da settimane con il virus: “L’Italia avrà tanti difetti. Fatichiamo a stare in fila, magari buttiamo qualche cartaccia per strada, ma non affidiamo a un virus la selezione della nostra popolazione. Non deleghiamo alla malattia il compito di curarla. Lo facciamo noi, con i nostri medici, i nostri infermieri, le nostre regole, ma, soprattutto, con la nostra umanità. Uniti. Con la teoria del gregge, sì, anche noi, ma secondo la nostra interpretazione: Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che è smarrita?”.
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