Sono giorni concitati in Inghilterra, complice anche l’emergenza Coronavirus. Boris Johnson ha parlato di immunità di gregge per quanto riguarda il COVID-19, nessuna precauzione specifica: “Abituatevi a perdere dei vostri cari”, avrebbe detto. Dichiarazioni controverse e divisive, in grado – quelle sì – di far gelare il sangue.
Nel frattempo, nel Regno Unito, la Premier League si ferma momentaneamente, perchè se il Coronavirus era una via di mezzo fra suggestione e chimera, gli inglesi hanno dovuto ricredersi: il primo allenatore positivo al COVID-19 arriva proprio dalle parti della Regina Elisabetta, si tratta di Arteta dell’Arsenal. Tanto basta, o quasi, per tornare a parlare di stop.
Se il calcio si ferma, il resto prosegue. Segno che, rispetto all’Italia, gli inglesi sono molto indietro: come atteggiamento e come propagazione del virus. Non c’è ancora quella sorta di ansia e timore reverenziale presente nello Stivale, ma la piega che sta prendendo il COVID-19 in giro per l’Europa è tutt’altro che rosea. Il virus non ammette niente, neanche la noncuranza di una comunità che, con il campionato di calcio sospeso, comunque trova giovamento – per così dire – nel recarsi alle maratone cittadine. La Bath Half marathon di Bristol e la mezza maratona di Liverpool hanno annoverato, complessivamente, diecimila corridori e migliaia di spettatori. Ancora pochi coloro che preferiscono evitare assembramenti e posti affollati. Non sono bastate, evidentemente, le prime avvisaglie di un allarme medico-scientifico oramai sotto gli occhi di tutti.
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