Una storia di ordinaria follia, quella accaduta in Brasile nel luglio 2013 dove una partita di calcio si è trasformata in un’autentica guerriglia con due vittime. Ripercorriamo quei tragici avvenimenti.
Siamo a Pio XII, un paesino di 30mila anime nei pressi del Maranhao, fra i più poveri e violenti del Paese sudamericano: in pochi istanti una partita fra dilettanti si trasforma in una scena del crimine, l’arbitro Otavio Jordao da Silva de Catanhede espelle il giocatore Josenir dos Santos Abreu. Hanno rispettivamente 20 e 31 anni. Nella colluttazione che è seguita tra i due, il direttore di gara ha estratto un coltello ferendo profondamente l’atleta.
In men che non si dica prende corpo una rissa dovuta all’espulsione del fuoriclasse all’interno della quale sono coinvolti anche alcuni spettatori che, vista la natura incresciosa dell’evento, hanno fatto invasione di campo. Il calciatore 31enne non ha retto alle gravi ferite riportate, la stessa sorte è toccata all’arbitro poco dopo: atteso e ridotto in fin di vita da un gruppo di tifosi che prima lo ha immobilizzato e successivamente ucciso. Sembrano scene da film, invece è tutto vero. Uno degli uomini che avrebbe ammesso di aver preso parte al linciaggio dell’arbitro, ha svelato altri particolari della vendetta, rivelando come la testa dell’arbitro sia stata esibita come un trofeo. A sua volta l’uomo – inoltre – avrebbe fatto il nome di altre due persone. Costoro avrebbero smembrato il corpo della vittima, completando l’eccidio.
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