Antonio Cassano perde la partita con il fisco. L’ex giocatore, tra le altre, di Milan e Inter, quest’oggi è stato condannato dalla Corte di Cassazione a pagare 263mila euro all’Agenzia delle Entrate. Il motivo sembrerebbe riconducibile ad una serie di ‘fringe benefit’ che il calciatore pugliese ha ricevuto durante la sua militanza in giallorosso. Solitamente questi benefici accessori sono esentasse. In questo caso, però, Cassano, dopo averli ricevuti, li ha destinati al suo procuratore a titolo di riconoscimento per una serie di prestazione che, questo, aveva reso in suo favore.
La Cote Suprema, dunque, ha accolto il ricorso che l’Agenzia delle Entrate aveva avanzato contro Cassano in seguito alla pronuncia della Commissione tributaria regionale della Puglia del 2012, con la quale, l’organo aveva dichiarato che non ci fossero le: “condizioni di incertezza, relative alla portata e all’ambito di applicazione delle disposizioni disciplinanti l’individuazione del presupposto di imposta”.
A distanza di anni, invece, la Cassazione è apparsa di tutt’altro avviso, motivando così la sua decisione: “(la Commissione tributaria regionale) ha errato nel ritenere che potessero rilevare esimenti soggettive attinenti la buona fede del contribuente”. E per questo ha annullato la decisione del Ctr nella parte in cui: “ha escluso l’applicabilità delle sanzioni”.
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