Sinisa Mihajlovic ha unito e commosso le tifoserie di tutta Italia. Il modo in cui ha deciso di non nascondere il decorso della leucemia, di non lasciare che sia la malattia a definire i limiti della sua attività e la sua persona, rappresenta un messaggio forte per il pubblico. Al di là della facile retorica.
“Sta andando tutto bene, non prendo più il cortisone” ha raccontato in un’intervista per “Verissimo” in onda domani alle 16 su su Canale 5. “Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici. Poi è tutto in discesa, bisogna avere pazienza, superarli bene sarebbe già un bel traguardo. Sono molto contento, non ci sono state complicazioni gravi e va benissimo così“. Ha anche ripreso ad allenarsi, dice. Diciassette pastiglie al giorno, e quattro mesi senza fare niente, lo hanno un po’ gonfiato, ha spiegato.
Il percorso della malattia
Mihajlovic ha anche ripercorso la sua malattia, comprese le tredici chemioterapie in cinque giorni. “Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto. Ero chiuso in una stanza con l’aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo. Volevo spaccare la finestra con una sedia, poi mia moglie e alcuni infermieri mi hanno fermato, mi hanno fatto una puntura e mi sono calmato“.
Allo stesso tempo, ha cercato di essere positivo e sorridente verso la famiglia. “Facevo finta di niente per non farli preoccupare. E’ stata una delle cose dure, perché non sempre ero al massimo della forma“.
Le testimonianze d’affetto
Durante la trasmissione, il tecnico del Bologna riceve le testimonianze d’affetto di Walter Zenga e Francesco Totti, che confermano una vicinanza trasversale. In tanti, ha spiegato, “hanno guardato l’uomo più che l’allenatore“. Zlatan Ibrahimovic ha avuto modo di conoscere anche il giocatore, e gli ha inviato un messaggio speciale. “Ibra è come un fratello, da giocatori ci siamo anche scontrati, poi dopo siamo diventati amici – commenta Mihajlovic -. Mi è dispiaciuto che non sia venuto qui ma capisco la scelta del Milan, anche se da noi si sarebbe divertito di più. Abbiamo un carattere molto simile e molto forte. Sono contento sia tornato in Italia“.
Rifiuta, però, l’etichetta di eroe. “Sono un uomo normale con pregi e difetti. Ho solo affrontato questa cosa per come sono io, ma ognuno deve farlo come vuole e come può. Nessuno deve vergognarsi di essere malato o di piangere. L’importante è non avere rimpianti e non perdere mai la voglia di vivere e di combattere“.
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