Aurelio De Laurentiis ha deciso di cambiare: alla fine l’esonero di Ancelotti è arrivato. Ancora una volta il presidente del Napoli sorprende: difficilmente si è visto un allenatore cacciato dopo una vittoria per 4-0 in Champions League. Annuncio arrivato quasi a mezzanotte, spiazzando tifosi e giornalisti. Evidentemente la scelta era già presa: dopo la partita di sabato con l’Udinese De Laurentiis ha rotto gli indugi, dando la possibilità all’allenatore di Reggiolo di giocarsi la qualificazione agli ottavi di Champions League e completare quindi il lavoro svolto, raccogliendo l’unica soddisfazione di questa stagione amara.
Ancelotti-Napoli, le tappe dell’esonero
Ma la corsa di Ancelotti è probabilmente finita a febbraio 2019, quando ha lasciato partire Marek Hamsik senza battere ciglio (anzi, sopracciglio). Ha lasciato che la squadra rimanesse con un centrocampista in meno, facendo passare il messaggio che l’assenza di Hamsik non sarebbe stata un problema. Ancelotti è passato da aziendalista a signor si. Quando venne a Napoli, qualcuno che ha avuto un ruolo nella trattativa si è fatto scappare questa frase. “Viene a Napoli perché ha la pancia piena”, riferendosi ai trofei vinti in carriera e alla voglia di buttarsi in un progetto rischioso, ma nel quale aveva la possibilità di far lavorare ed esprimersi il figlio e il genero, due professionisti del settore che hanno comunque svolto un ottimo lavoro.
Ancelotti da aziendalista a signor sì
Ancelotti ha subito un mercato estivo lontano dalle sue richieste, senza mai ammetterlo. Da lui e il suo entourage la notizia dell’acquisto di James Rodriguez dato per certo. Non solo il suo pupillo non è arrivato, ma Ancelotti è rimasto senza terzino sinistro e senza un centrocampista in grado di sostituire Allan. E non è arrivato neppure un centrocampista in grado di costruire gioco. Pur sapendo che la squadra era rimasta senza leader ha elogiato il mercato, facendo passare Ghoulam per un giocatore recuperato, quando già a Dimaro si rese conto che non sarebbe stato pronto prima di diversi mesi. Ancelotti l’aziendalista si è piegato fino a spezzarsi. Ha invocato inutilmente i rinnovi di Mertens, Callejon e Milik. Giocatori che si sono sentiti traditi e hanno visto il potere del loro allenatore spegnersi progressivamente. Fino a quel 5 novembre, quando Ancelotti va da solo in ritiro lasciando la squadra ribelle al proprio destino. E non ha avuto il coraggio di dimettersi, chiedendo a De Laurentiis di non esonerarlo: il presidente gli ha dato un’altra possibilità, concedendogli cinque partite (una di Champions e quattro di campionato) per dare delle risposte sul campo: con zero vittorie, una sconfitta e solo pareggi il presidente azzurro non ha potuto far altro che decidere per l’esonero, nonostante il pari di Liverpool sia stato accolto come una vittoria.
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