Una maglia a strisce giallorosse con la scritta “Ho portem dins” (lo portiamo dentro). Il Barcellona ha voluto questa divisa speciale come omaggio alla senyera, la bandiera catalana, per festeggiare i suoi 120 anni di storia. La squadra, fondata il 29 novembre del 1899 da un nucleo storico di calciatori guidato da Joan Gamper, poi presidente dal 1908 al 1925, ha cambiato il volto del calcio europeo.
Merito di Johann Cruijff, arrivato come calciatore nel 1973, quando la Spagna aprì le frontiere agli stranieri, e capace poi da allenatore di imporre una rivoluzione nel segno del possesso palla, della semplificazione, dell’occupazione del campo. “E’ importante dare libertà ai giocatori, anche se all’interno di uno schema” spiegava. “Ai ragazzi bisogna insegnare il divertimento, perché la creatività non si oppone alla disciplina”. Un percorso che sarebbe stato completato da Pep Guardiola. Sotto la sua guida il Barcellona ha vinto tre campionati, due coppe e tre supercoppe di Spagna. Due coppe del mondo per club, due Supercoppe Uefa e soprattutto le due Champions League nel 2009 e nel 2011.
Barcellona, alle origini del mito blaugrana
Il fondatore del club, Joan Gamper, praticava anche atletica, ciclismo, rugby e golf. Voleva creare un’organizzazione aperta, sognava un club che fosse strumento di integrazione sociale, che fosse democratico, universale, polisportivo. La sua creazione assorbirà l’essenza dell’identità catalana. Sin dall’inizio, il Barcellona gioca con una maglia metà granata e metà blu: secondo la più accreditata teoria, sono i colori della squadra di rugby della scuola inglese frequentata da due membri del club, i fratelli Witty.
Dopo la conquista della Copa Macaya, precursore del campionato catalano, nel 1908 il club completa il suo primo stadio, Carrer Indústria (oggi Carrer París), dove la squadra ha giocato fino al 1916. Chi passava per lo stadio, poteva vedere solo la schiena dei tifosi seduti nelle file più alte delle tribune: deriverebbe da questo il soprannome di “Culés”. Il Barcellona vince tre campionati dal 1909 al 1913, titoli festeggiati dai tifosi al Font de Canaletes che da allora è il luogo delle celebrazioni dei successi blaugrana. In quegli anni esplode la stella di Paulino Alcántara, di origini filippine, che segna 369 gol in 357 partite: resterà il miglior cannoniere nella storia del club prima di Leo Messi.
Il divo Zamora e gli anni della Guerra Civile
Gli anni Venti rappresentano la prima età dell’oro nella storia blaugrana. Ad Alcantara si aggiungono idoli come il portiere Ricardo Zamora detto ‘el Diví’, o Josep Samitier, per tutti “l’aragosta”, un acribata del calcio che spesso si accompagnava con artisti come Carlos Gardel o Maurice Chevalier, simbolo del teatro di rivista della Belle Epoque.
I successi di questa stagione spingono verso la costruzione di uno stadio più grande, Les Corts, nel 1922, che ha visto tre decenni di gloria, speranze e delusioni arrivando a contenere 60 mila spettatori. Nel 1928 il Barcellona vince la Copa del Rey: per la prima volta la partita viene trasmessa via radio e i giornali pubblicano edizioni straordinarie. Nel 1929 nasce la Lega spagnola e il Barcellona conquista il primo campionato della nuova era.
L’instabilità politica in Spagna e nel mondo degli anni Trenta non può non influire sulla storia del Barcellona. “La popolarità del nostro club include elementi che non sono legati allo sport” si legge in una pubblicazione ufficiale del club dell’ottobre 1932.
Tre anni dopo, il nuovo presidente Josep Suñol i Garriga rende ancora più chiaro il legame tra sport e società a Barcellona. Usa il motto “Sport e cittadinanza” per affermare la sua vicinanza al nazionalismo catalano. Verrà assassinato dalle forze militari franchiste il 6 agosto 1936. Nel 1937, la decisio e di partire per un tour in Sudamerica salva di fatto la società, che ricava oltre 450 mila pesetas dell’epoca. In questo modo ripaga pesanti debiti arretrati e mette le basi per far ripartire la squadra dopo la Guerra Civile.
Repressione e rinascita: l’effetto Kubala e il Camp Nou
La repressione del regime franchiste coinvolge anche il Barcellona. I giocatori che hanno preso parte al tour in Sudamerica vengono squalificati per due anni. Il club deve cambiare nome e stemma perché non considerati abbastanza spagnoli. Il secondo dopoguerra è però segnato da due giocatori decisivi nella storia del club: César Rodríguez, uno dei principali cannonieri blaugrana, e Mariano Martín. A cui seguiranno l’ala Estanislau Basora, Antoni Ramallets, per molti il più grande portiere mai visto a Barcellona. All’alba del cinquantesimo anniversario del club, nel 1949 i blaugrana festeggiano il primo titolo internazionale, la Coppa Latina, in finale sullo Sporting Lisbona. E nonostante le limitazioni imposte dal regime, riporta sulle maglie le quattro strisce della bandiera catalana.
Il Barcellona vince cinque trofei nella stagione 1951-52: campionato, coppa di Spagna, Coppa Latina, Copa Eva Duarte, Copa Martini Rossi. Tenta di acquistare Alfredo Di Stefano, su cui c’è anche il Real Madrid: e come noto rinuncia all’affare di fronte alla proposta di condividerlo con i blancos a stagioni alterne. Ma le stelle non mancano. Nel 1954 arriva Luis Suarez, che sarà Pallone d’Oro nel 1960 (unico spagnolo finora ad aver vinto il titolo). Ma è Ladislao Kubala il vero fattore di cambiamento. E’ l’eroe del decennio, il motore di un cambiamento che incontra la volontà del presidente Francesc Miró-Sans. Sarà lui a spingere per la costruzione del Camp Nou, completato nel 1957. Il Barça, insieme radicato nell’identità catalana e aperto al mondo, trionfa in Coppa delle Fiere grazie a un tecnico che il mondo l’ha visto praticamente tutto senza appartenere a nessun luogo: Helenio Herrera.
Arriva Crujff: inizia una nuova era
Nella stagione del riflusso, negli anni Sessanta, aumentano i membri del club anche a fronte di risultati sportivi più irregolari, di difficoltà economiche legate alla costruzione dello stadio. Non arrivano grandi campioni, ma la squadra rinforza l’appartenenza catalana mentre la gente si riunisce nei bar e nei ristoranti per guardare le prime partite trasmesse in televisione.
Il Barcellona, dice il 17 gennaio 1968 Narcís de Carreras, appena eletto presidente, “è qualcosa di più di una squadra di calcio”. E’ “més que un club“, lo slogan che ancora oggi ne definisce l’identità. A fine stagione, il Barcellona avrebbe vinto la Coppa di Spagna al Bernabeu contro il Real Madrid con i tifosi avversari che nel finale lanciano in campo bottiglie di vetro.
L’inizio della nuova era ha un momento di inizio preciso: l’acquisto di Johan Cruijff, il 13 agosto 1973. La sua prima stagione in blaugrana è segnata da un decisivo momento di passaggio, il 5-0 al Bernabeu sul Real Madrid. E’ la manifestazione del calcio del futuro, e del futuro del calcio a Barcellona. Il presidente allora al vertice della società, Agustí Montal Costa, riporta gli annunci in lingua catalana allo stadio, fa entrare il Barcellona nel Congresso per la Cultura Catalana. Il 28 dicembre 1975, un mese dopo la morte di Franco, durante un Barcellona-Real Madrid trasmesso in televisione, sulle tribune del Bernabeu sventolano un’infinità di bandiere catalane che i tifosi erano segretamente riusciti a far entrare.
Cruijff torna come allenatore e rivoluziona il club
Dal 1978, con la presidenza Nunez, il Barcellona si apre al successo, al mondo, a una gestione più democratica. Festeggia la prima Coppa delle Coppe nel 1979, in finale sul Fortuna Dusseldorf. Nel 1981 perde ogni chance di vincere il titolo a marzo, durante il rapimento, durato 25 giorni, del miglior attaccante della squadra, Enrique Castro detto “Quini”, che segnerà il secondo gol nel 2-1 allo Standard Liegi in finale di Coppa delle Coppe 1982. Una vittoria che anticipa l’acquisto di Diego Maradona, che resterà per due sfortunate, ombrose stagioni.
Servirà Johan Cruijff per innovare, rinnovare, rivoluzionare. “Conosco il club, se vogliamo che le cose cambino dobbiamo cambiare la storia” spiega. Viene scelto come coach nel 1988, resterà fino al 1996.
Cambiano le tattiche della squadra, incorpora il meglio del calcio totale in campo. Fonda gli allenamenti su forme articolate di torello, impone che tutte le selezioni giovanili giochino come la prima squadra e rende La Masia quello che è oggi: la “cantera” più ambita del mondo.
Vuole squadre di giocatori piccoli e tecnici, vince la terza Coppa delle Coppe nella storia del club e la prima Coppa dei Campioni, entrambe contro la Sampdoria in finale, e quattro campionati di fila dal 1991 al 1994. E’ l’epoca d’oro del Dream Team, una squadra da sogno con campioni che hanno scritto la storia blaugrana: Zubizarreta, Bakero, Begiristain, Laudrup, Koeman, Stoichkov, Romário, Eusebio, Nadal, Guardiola.
Il Barcellona di Messi
La tradizione olandese continuerà con Louis Van Gaal, che vincerà campionato e coppa nazionale nel 1998, e Frank Rijkaard, capace di esaltare Ronaldinho, Deco, Eto’o insieme a Xavi e Iniesta nel 2004-05. Rijkaard vincerà poi la Champions nel 2006 a Parigi sull’Arsenal: un capolavoro di calcio ballato. Dalla stagione successiva, i blaugrana lanciano una collaborazione con Unicef. Preludio, di fatto, agli anni migliori nella storia del club.
Nel 2010, tutti i tre finalisti per il Pallone d’Oro hanno un passato e un presente blaugrana: Xavi, Iniesta e Messi. Con la guida in panchina di Pep Guardiola, che ha perfezionato i canoni del calcio totale, il Barcellona ha vinto sei trofei nel 2009, ha battuto ogni record e vinto altre due Champions League. Memorabile il trionfo del 2011 a Wembley, un’esibizione di estetica ed efficacia quasi impossibile da eguagliare in una grande finale europea: 3-1 al Manchester United, gol di Pedro, Messi e Villa.
Seguono anni di vittorie e addii. Momenti tristi, come la morte di Francesc ‘Tito’ Vilanova i Bayó, secondo di Guardiola e poi allenatore capace di vincere il titolo con 100 punti. Salutano via via le grandi icone che hanno segnato un’epoca: Puyol, 593 presenze e una vita da capitano, il portiere Victor Valdés, Xavi, che lascia nel 2015: ha giocato 767 partite, segnato 85 gol, offerto uno stile unico di calcio. I trofei si moltiplicano anche dopo l’addio di Guardiola. Luis Enrique vince campionato, Copa del Rey e Champions al suo primo anno da tecnico, e altri quattro nel secondo (tra 2014 e 2016). Il 18 maggio 2015 viene eletto presidente Josep Maria Bartomeu con il 54.6% degli oltre 25 mila voti.
Nel 2017 Bartomeu sceglie come tecnico Ernesto Valverde per proseguire la storia di una squadra che ha vinto 26 campionati, 30 Coppe di Spagna, cinque tra Coppe dei Campioni e Champions League, quattro Coppe delle Coppe, cinque Supercoppe UEFA e 3 Coppe del mondo per club. E rimane, da 120 anni, molto più di un club.
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