Il risveglio di Paulo Dybala: ha segnato due gol consecutivi, contro Milan e Atalanta, giocando de ottime partite. Lui dal cuore dei tifosi bianconeri non è mai uscito, nemmeno quando sembrava avere la valigia in mano, nella scorsa estate. Adesso ha dimostrato di poter stare in questa squadra, ed anzi, esserne protagonista. L’attaccante della Juventus è stato intervistato da “El Pais”, col quale ha parlato di molte cose. Tanti gli argomenti toccati, e non soltanto i suoi gol.
DYBALA SUL CAMPO – “Difficile separare ciò che si è come persona da ciò che si è come calciatore. Sono una persona tranquilla, difficile che mi agito. Però in campo voglio il pallone: voglio toccarlo, sentirlo. Senza mi perdo e vado in difficoltà. Il gol è ovviamente la sensazione più bella, ma a me piace tanto anche fare gli assist. Spesso l’abbraccio del compagno che fa gol è più gratificante del gol stesso”.
IL DYBALA LEADER – “Il modo in cui si guida una squadra è cambiato. Non cerco di essere leader. Mi sento un gocatore importante, rispettato dai tifosi e dai compagni. Io voglio generare qualcosa di positivo, mi va bene quello. Non serve urlare o dire parolacce per essere rispettato. A volte non si deve dire nulla. Mi ricordo di Evra: era un fenomeno nel trasmettere sensazioni. Anche Buffon è un signore, solo la sua presenza basta. Penso sia importante essere naturali, senza forzare”.
RAPPORTO CON CRISTIANO RONALDO – “Quando arrivò i miei amici mi dissero: “Giochi col migliore in nazionale, e ora hai anche l’altro”. Io risposi che non era una brutta cosa, ma un vantaggio. Li posso studiare ogni giorni: è una fortuna lavorare con i più forti. Sono due fenomeni, due mostri. Un gradino sopra gli altri dal punto di vista calcistico e mentale. Non è facile fare come loro, segnare ogni anno così tanto. Con Cristiano ho un bel rapporto. Parliamo molto, della Juventus, della Nazionale e anche di cose extra calcio. Anche con Messi è così, il nostro rapporto è cresciuto. In un club ovviamente è più facile, perché c’è una frequentazione quotidiana”.
RAPPORTO CON SARRI – “Mi piace. Ha un modo diverso di intendere il gioco. Per me e per gli altri attaccanti è molto divertente, più che con gli altri allenatori. Teniamo di più il pallone e creiamo molte occasioni. In questo modo possiamo rischiare e fare qualche numero, perché sai che dopo pochi minuti avrai un’altra occasione. Questo mi fa imparare a giocare velocemente e pensare ad attaccare. In alcune gare abbiamo creato 20 occasioni. Per un attaccante è il massimo”.
PALLONE D’ORO – “Non c’è pressione, se non dall’esterno. Essere candidato non vuol dire vincerlo, è un altro discorso. Bisogna lavorare per gareggiare con i migliori al mondo. Ci sono attaccanti che segnano 50 gol all’anno e non lo vincono. E comunque so che prima devo fare cose importanti con la Juventus”.
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