Due uffici e un computer in un appartamento a Pristina. Inizia così nel 2008 l’esperienza di Fadil Vokrri, primo presidente della Federcalcio del Kosovo dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Serbia. Era stato il più grande calciatore della regione: unico kosovaro nella nazionale jugoslava, giocò nel Partizan Belgrado alla fine degli anni Ottanta e fu anche avvicinato dalla Juventus ma non aveva svolto i due anni obbligatori di servizio militare e ha dovuto rinunciare. Da dirigente, è diventato l’uomo che in otto anni ha portato il Kosovo nell’Uefa. Oggi, lo stadio in cui la nazionale gioca le sue partite interne porta il suo nome. A undici da quell’inizio così artigianale, la nazionale del Kosovo può sognare l’impresa di qualificarsi all’Europeo del 2020. E’ terzo nel Gruppo A con 11 punti in sei partite, uno meno della Repubblica Ceca seconda, quattro in meno dell’Inghilterra.
Kosovo, l’esordio nelle competizioni Uefa
Nel 2014, la FIFA consente alla rappresentativa del Kosovo di giocare partite amichevoli contro nazionali affiliate alla federazione mondiale. La prima è uno 0-0, storico al di là del risultato, contro Haiti a Mitrovica, una città tagliata in due dal fiume Ibar: gli albanesi di qua, i serbi di là. Il portiere Samir Ujkani, oggi al Torino, accetta la chiamata per far parte di quella prima selezione. E non trattiene le lacrime di commozione.
Ujkani è il capitano della nazionale che sogna l’Europeo. Ha attraversato l’esordio in una partita ufficiale, contro la Finlandia a settembre 2016: Valon Berisha, centrocampista della Lazio, ha segnato allora il primo del Kosovo in una competizione internazionale. Non è bastato per essere al Mondiale di Russia del 2018.
L’ambizione di esserci a Euro 2020
I primi risultati non sono certo appariscenti, ma il ct Bunjaki mette le fondamenta su cui l’attuale tecnico, lo svizzero Bernard Challandes, sta costruendo un grande sogno collettivo. Bunjaki, che nel 1991 era scappato in Svezia dopo aver ricevuto la chiamata alle armi nell’esercito jugoslavo, era stato chiamato come ct della nazionale nel 2009. Ha girato il mondo per parlare con i giocatori e con le loro famiglie. Ha esteso nel tempo una lista di 180 calciatori di origini kosovare nei campionati europei.
Di quella lista sta beneficiando Challandes che ha condotto il Kosovo al primo posto nel suo girone della Nations League: in ogni caso, un jolly che lascia alla nazionale la possibilità di arrivare all’Europeo attraverso gli spareggi riservati alle squadre che hanno chiuso in testa al gruppo nelle varie divisioni. Una porta di servizio, se non dovessero raggiungere la fase a gironi attraverso il percorso di qualificazione.
Come gioca il Kosovo di Challandes
“Vogliamo crescere e creare un grande futuro per la nostra nazione” ha detto Ujkani al Guardian. Uno spirito che unisce tutti. “Loro non sono calciatori come gli altri” ha ammesso Challandes, che schiera la nazionale secondo un consolidato 4-2-3-1.
In porta, Challandes finora ha preferito Arjanet Muric, anche se “è un portiere che può metterti in pericolo” ha ammesso prima della partita contro l’Inghilterra. Una sfida che si è trasformata in un incubo per il portiere del Manchester City, in prestito al Nottingham Forest.
Rrahmani del Verona guida il quartetto difensivo, Idris Voca è il mediano di riferimento insieme a Besar Halimi: giocano entrambi in Svizzera. In attacco, Challandes può contare sul talento dell’ala destra Milot Rashica, arrivato nel 2018 al Werder Brema dopo tre stagioni di livello al Vitesse in cui ha guidato gli olandesi al primo titolo in campionato in 125 anni di storia.
Non si discute, infine, il nome del centravanti titolare, il bomber Vedat Muriqi, che ha segnato su rigore nella sconfitta 5-3 contro l’Inghilterra a settembre. Muriqi, cresciuto durante la guerra, è un attaccante completo. Alto quasi due metri, mancino naturale, tira bene anche di destro. E’ una prima punta di peso che però sa anche lavorare per la squadra, e quando parte in progressione è difficile da fermare. Non stupisce che piaccia al Tottenham, come vice-Kane, e a diverse squadre italiane.
Nuovo stadio e una nazione da costruire
I successi della nazionale hanno convinto il ministro dello sport ad annunciare la prossima costruzione di un nuovo stadio da 30 mila posti a Pristina. Le infrastrutture, non solo sportive, restano il problema principale in una nazione che ha vissuto la guerra. In questo modo, si potranno valorizzare meglio i talenti locali, che ora pagano le differenze rispetto a chi è cresciuto all’estero, e creare migliori allenatori per le prossime generazioni.
Ma proprio questa parte della storia diventa una motivazione ulteriore su cui punta Challandes per motivare i giocatori. I loro successi, ha detto a Balkan Insight Fadil Maloku, professore di sociologia all’università di Prishtina, stanno aiutando a forgiare l’identità sociale, politica, economica del Kosovo. “Le vittorie mandano un messaggio politico, rinforzano la necessità della creazione di uno stato”. Il Kosovo non ha tempo da perdere, e sta già cercando di bruciare le tappe.
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