Granit Xhaka ha deciso: lascerà l’Arsenal. Dopo i fischi contro Crystal Palace e Aston Villa, il tecnico Unai Emery l’ha invitato a “far cambiare idea ai critici, a mostrare il suo carattere in tutte le partite”. Ma il centrocampista mancino nato a Basilea da genitori immigrati dalla Jugoslavia piace molto al Milan, e potrebbe arrivare anche a gennaio.
“Non voglio dire che non posso accettare le critiche – ha raccontato il l’ormai ex capitano dei Gunners al SonntagsBlick. – Se non giochiamo bene, dobbiamo ascoltare i tifosi e lavorarci su. Ma insultare e imprecare contro il tuo stesso capitano provoca solo una brutta atmosfera in un squadra che dovresti per contro sostenere. Questo non ha senso per me e indebolisce lo spirito del gruppo”.
Eppure, Xhaka è uno dei leader nello spogliatoio dei Gunners. Molto rispettato dai compagni, è una delle voci più ascoltate ma in campo, nelle zone cruciali del campo, spesso prende qualche decisione affrettata di troppo e non sempre si dimostra affidabile nell’aiutare la squadra in fase di non possesso.
Xhaka, 27 anni compiuti a fine settembre, dopo l’esperienza nelle giovanili del Basilea, e due campionati svizzeri vinti, è passato al Borussia Monchengladbach nel 2012 per 8 milioni e mezzo di euro. L’investimento è molto ben ripagato, Xhaka gioca 140 partite prima di passare all’Arsenal nel 2016.
Quell’estate ha giocato ogni minuto dei campionati europei per la Svizzera, nazionale che ha scelto di rappresentare mentre il fratello Taulant gioca per il Kosovo. La nazionale si ferma negli ottavi contro la Polonia: Granit è l’unico a sbagliare nella serie di rigori contro la Polonia. E’ nei 23 del ct Vladimir Petkovic anche ai Mondiali del 2018. E’ notevole il suo gol dalla distanza che avvia la rimonta contro la Serbia, completata da Xhakiri. Due marcatori di origine kosovara che esultano facendo il gesto dell’aquila, omaggio alla bandiera albanese: vengono entrambi multati per dieci mila dollari.
Per molti, Xhaka non è abbastanza efficace come centrocampista box to box e non abbastanza completo nelle due fasi per funzionare come mediano difensivo.
D’altra parte, ha autorità in mezzo al campo e una visione di gioco che nei primi mesi all’Arsenal l’ha reso un partner perfetto a centrocampo per Santi Cazorla prima del grave infortunio al tendine d’Achille che ha chiuso la carriera in Premier League dello spagnolo. I tifosi però si aspettavano un centrocampista difensivo solido, alla Vieira, ma Xhaka fatica ad adattarsi ai ritmi della Premier League. Nella stagione 2017-18, l’ultima di Wenger, chiude il campionato con tre errori che conducono gli avversari a segnare.
Però Wenger continua a inserirlo stabilmente tra i titolari e lo scenario non cambia dopo l’arrivo di Unai Emery e di ulteriori centrocampisti di quantità e visione come Matteo Guendouzi e l’ex Sampdporia Lucas Torreira. Emery si fida dell’intelligenza, dell’impegno, della capacità di adattarsi di Xhaka. E almeno l’anno scorso lo ripaga: perde meno palloni di Torreira e Guendouzi, completa più passaggi, sia corti che lunghi, diventa il punto di riferimento del centrocampo in fade di impostazione. Si conquista maggiori responsabilità anche negli ultimi trenta metri.
Allo stesso tempo, migliora in fase difensiva. Fa fruttare le doti fisiche per recuperare il pallone e insieme riesce a portarlo a testa alta. Per un Milan che soffre negli spazi di mezzo quando la squadra si allunga e aumentano le distanze tra difesa e centrocampo, Xhaka può essere l’uomo giusto al posto giusto per risalire la classifica.
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