“Io se non vinco muoio” diceva Antonio Conte. In questo suo modo fin troppo viscerale di vivere le partite sta una parte consistente delle ragioni dei suoi sfoghi. La sua è una rabbia appassionata, diretta verso i detrattori del suo lavoro ma anche verso i suoi giocatori e i dirigenti delle società per cui lavora. L’ultima uscita dopo la rimonta subita dall’Inter in casa del Borussia Dortmund completa un’antologia di castelli di rabbia.
Nel febbraio 2011 sbotta contro i giornalisti, insoddisfatti del suo rendimento al Siena, che stava disputando un ottimo campionato in Serie B nonostante una serie di cessioni di rilievo per abbassare il monte ingaggi. “Inizio a stufarmi, abbiamo ripreso giocatori morti. Sono rimasti giocatori qui che a Siena non voleva nessuno. E che sentiamo sempre: critiche, fischi, delusione alla minima situazione” dice. La rabbia monta.
“Non si vuole il bene del Siena, invece di applaudire i ragazzi. Si può dare di più? Certo, anche il Barcellona può fare di più. Qui sembra tutto dovuto, ma dovuto cosa? Inizio a essere stufo. Difendo a spada tratta il mio lavoro, che è un grande lavoro. Ho visto gente che ha dovuto in tribuna a vederci perdere. Complimenti, gufi: state a casa. Dicono che giochiamo il miglior calcio in Italia, ma fuori. A Siena no. I tifosi ci sono vicini, gli altri no. Io mi sono stufato”.
Il perfezionismo, come racconta Alessandro Alciato Sky nel libro che ha dedicato al tecnico ora all’Inter e al suo metodo, l’ha portato a scontrarsi anche con i suoi stessi giocatori. Alciato racconta di uno sfogo nel maggio 2014, vigilia della partita contro il Cagliari che avrebbe reso la Juve la prima a raggiungere i 100 punti in una sola stagione in Italia. Quel record è un pensiero fisso, e quando Buffon, alla luce dello scudetto ormai abbondantemente vinto, gli chiede dei premi per il tricolore, Conte sbotta. “Mi avete rotto! Rotto, capito? E adesso andate tutti fuori dalle palle. Fuori, non voglio più vedervi. Fuori, ho detto!” urla.
“Gigi, da quella bocca non deve più uscire una parola. Non me lo far ripetere. Proprio da te non me lo sarei mai aspettato. (…) Gigi, tu sei il capitano. E non capisci niente di niente (…) . Sei una delusione, una sconfitta appena apri la bocca. Tu come tutti questi altri deficienti”.
Più di una volta, Conte ha lamentato pubblicamente la sua insoddisfazione per le scelte della sua stessa società. “Non si può mangiare con 10 euro in un ristorante da 100 euro” resta una delle frasi più ricordate del suo periodo bianconero, che più volte gli è stata rinfacciata dopo il passaggio all’Inter. Proprio una polemica sul mercato, per il mancato acquisto di Iturbe, ha portato Conte a salutare la Juve comunicando la decisione con un video a metà luglio del 2014.
All’Inter, la tensione è già alta dopo cinque mesi. “Rispetto ai piani concordati con la società, siamo in ritardo sia nelle uscite che nelle entrate” diceva il 19 luglio, “diamoci una mossa, come dico sempre: chi ha tempo non aspetti tempo”. Il ciclo di partite ravvicinate di ottobre aumenta la frustrazione di Conte. “A Brescia dovrò giocare sempre con gli stessi, difficile fare Champions e campionato con una rosa ridotta ai minimi termini. Dobbiamo fare valutazioni con la società e capire dove fare meglio” spiegava dopo Inter-Parma.
“Non devo essere rasserenato sul mercato, ma bisogna fare tesoro di quello che può capitare durante il percorso. Ora ho la situazione chiara. Siamo in alto in classifica ma stiamo portando la macchina al massimo dei giri” ammetteva dopo la trasferta di Brescia.
Poi, dopo la rimonta incassata a Dortmund, arriva l’attacco diretto alla società. “”Mi sono stufato di dire sempre le stesse cose. venga qualche dirigente a dire qualcosa. Si poteva programmare tutto molto meglio. Non voglio tirare fuori alibi, spero che queste gare facciano capire le cose a chi deve capirle. Andiamo avanti, continuiamo a lavorare, più che lavorare non possiamo fare. Sono stati fatti errori importanti, non possiamo fare Champions e campionato così tirati. I giocatori mi potrebbero dire ‘Mister mi ringrazi che sono a disposizione'”.
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