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Champions League

Uefa, ecco i dati: così si vince in Champions e in Europa League

In Europa si vince con la flessibilità. Oltre al possesso c’è di più. A confermarlo i dati dei rapporti tecnici della Uefa sulle edizioni 2018-19 di Champions e di Europa League. La vittoria del Liverpool, prima squadra dall’Inter di Mourinho 2010 a vincere la finale di Champions con meno del 50% di possesso palla è solo una delle prove a sostegno della tesi. In Europa League conta la fluidità nell’organizzazione di gioco e la velocità nelle transizioni: così il Chelsea di Sarri ha vinto 12 partite in Europa e alzato il trofeo.

Champions League, cosa è mancato alle squadre italiane

In Champions League, la Juventus ha insistito molto nel coinvolgimento dei difensori da dietro, visto che Bonucci è il giocatore con più passaggi nella rosa di Allegri. Ottava per expected goals e decima per reti segnate, la Juve ha completato in media 540 passaggi. Il sesto posto in termini di ricorso ai lanci lunghi non ha aiutato, soprattutto nella sfida contro l’Ajax.

Al Napoli, quinta per tiri tentati nell’ultima Champions League, è mancata precisione nelle conclusioni e penetrazione nella manovra. Un aspetto, quest’ultimo, che la accomuna all’Inter alla luce del 19% di possesso palla nell’ultimo terzo di campo.

Champions League, il valore della flessibilità

Mauricio Pochettino, il tecnico che ha condotto il Tottenham alla prima finale di Champions League salvo venire imputato del 2-7 contro il Bayern Monaco quest’anno, “ha sempre un piano B e un piano C” ha detto uno degli osservatori. Ai coach si chiede di ragionare da scacchista, e in questo Pep Guardiola è sicuramente un esempio. Il calcio offensivo paga, anche se poi in finale Klopp cede alla tentazione del pragmatismo e del basso ritmo. A proposito di flessibilità nell’approccio al gioco, si pone una riflessione nel dibattito sull’andamento della scorsa Champions League. Da un lato, è evidente che i giovani oggi sono più abituati a occupare posizioni diverse, ma dall’altro il gioco di una squadra si sta facendo sempre più strutturato.

Le difficoltà dell‘Ajax di contrastare il Tottenham con Llorente al posto di Kane o l’impossibilità del Barcellona di arginare i cross del Liverpool nell’altra semifinale, dimostrano quanto sia importante sapersi adattare a situazioni tattiche diverse da una partita all’altra.

Le squadre inglesi, che per la prima volta hanno monopolizzato tutti gli spazi nelle finali di Champions e di Europa League, partono con un jolly da sfruttare: il livello della Premier League in cui il Liverpool può arrivare secondo pur avendo perso una sola volta in tutta la stagione. Però in Champions hanno creato più “grandi occasioni” sottolinea l’Uefa, davanti all’Ajax, la squadra più innovativa della stagione in Europa, capace di 333 azioni di pressing nel 4-1 al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid.

Le prime 16 squadre per possesso nella Champions League 2018-19

Champions, il pressing e la lezione del Liverpool

Il Liverpool dimostra che il controllo del pallone non è la sola strategia per vincere. Nella fase a eliminazione diretta, i Reds hanno vinto cinque partite, in quattro hanno chiuso con un possesso palla inferiore agli avversari. Borussia Dortmund e Manchester City, non stupisce, hanno la quota più alta di possesso nella fascia di centrocampo. Meno intuitivo, invece, che le squadre capaci di tenere il pallone per più tempo nella trequarti offensiva siano due formazioni considerate opposte per stile e filosofia, Real e Atletico Madrid.

Il Liverpool ha vinto grazie a Alisson, sei clean sheets e otto parate in finale, a Van Dijk, miglior difensore Uefa e secondo per spazzate in Champions; ai 22 cross completati da Alexander-Arnold, ai 520 passaggi di Robertson, ai quasi 11 km percorsi da Wijnaldum in sei delle otto presenze da titolare. Giocatori inseriti nella formazione ideale della manifestazione. Il resto lo fanno Firmino, Salah, Mane. E un pressing efficace.

Il diverso pressing di Liverpool e Tottenham in finale di Champions (fonte; Uefa)

In Europa si vince anche con un pressing organizzato e coordinato, quello che il Liverpool ha saputo orchestrare in finale impedendo al Tottenham di valorizzare il maggior possesso palla e togliendo agli Spurs la possibilità di un veloce recupero del pallone. Questa ricerca del contro-pressing come primo strumento offensivo contribuisce a spiegare come mai il fattore campo non sia più un valore aggiunto così significativo in Champions League. Dagli ottavi alla semifinale, le squadre in trasferta hanno segnate in più del 70% degli incontri. E serve a comprendere perché 185 gol sui 366 totali siano nati dal recupero del pallone nella trequarti offensiva.

Champions, ecco come si segna

Complessivamente, però, si è segnato meno degli ultimi anni, 366 reti rispetto alle 401 della stagione precedente, e più nei secondi tempi (206). Quasi un quarto dei gol totali (88) è maturato nell’ultimo quarto d’ora delle partite, quando si sono completate anche più della metà delle rimonte della scorsa edizione. Segnare per primi, però, garantisce la vittoria o il pareggio nel 92% dei casi, eppure le rimonte aumentano rispetto agli anni passati. Probabilmente, notano anche gli osservatori dell’Uefa, a volte le squadre di casa tendono nel finale a rinchiudersi per difendere il vantaggio, soprattutto nella fase a gironi quando i gol in trasferta possono avere un peso determinante nel passaggio al turno successivo.

Ma come si arriva al gol? Nel 25,68% attraverso i cross dalle fasce, dunque le ali continueranno a non passare di moda. Poi attraverso le combinazioni di passaggi, come l’azione da 20 tocchi conclusa da Messi per la tripletta contro il PSV Eindhoven. In media servono 3.89 passaggi per un gol: al Liverpol, che ha realizzato più reti di tutte di testa, ne bastano 2.51. Spiccano i 34 rigori trasformati, i 56 tiri di Hakim Ziyech dell’Ajax, i quattro gol di testa di Cristiano Ronaldo, aiutato da una Juventus che ha il record di cross in campo aperto (155).

Un ultimo aspetto che il rapporto Uefa evidenzia riguarda i portieri, sempre più parte integrante della manovra e specchio di una ricerca del gioco corto anche da dietro. Ederson, il numero 1 del Manchester City, ha chiuso con l’89% di passaggi riusciti anche perché ha cercato di non lanciare lungo (35 metri la lunghezza media). Al contrario Jan Oblak che in media ha tracciato i passaggi più lunghi, ha registrato l’efficacia più bassa.

I passaggi dei portieri nelle situazioni di pressione (fonte: Uefa)

L’Europa League, il regno del sarrismo

L’Europa League si conferma regno adatto a Maurizio Sarri, che in carriera ha perso solo due partite su 25 in questa competizione. Il Chelsea è diventata l’unica squadra inglese a completare 12 vittorie in Europa in una singola stagione. Nella finale di Baku contro l’Arsenal, i Blues hanno dato una manifestazione compiuta, per certi versi definitiva, dello spirito del sarrismo: tutti gli undici giocatori della squadra toccano la palla nella stessa azione prima che lo faccia un avversario.

Il gioco di Sarri lo conosciamo. Più che sui numeri si basa su principi fissi: pressing alto, passaggi corti, combinazioni veloci. L’acquisto di Jorginho ha aggiunto un rompi-ghiaccio davanti alla difesa, che legge bene il gioco, contribuisce all’organizzazione difensiva e al ribaltamento dell’azione. Affiancato a un giocatore più strutturato come N’Golo Kanté, ha caratterizzato il gioco del Chelsea, che nell’ultima edizione ha tirato più di tutti. Ha avuto bisogno di 6.75 conclusioni per ognuno dei 36 gol stagionali in Europa League. In questo Siviglia e Valencia, due squadre dal gioco più diretto e di contropiede, si sono rivelate più efficienti. In Europa League, dunque, la velocità in transizione assume un valore determinante. Non a caso Eden Hazard, fondamentale anello di congiunzione tra il centrocampo e l’attacco del Chelsea, una volta ricevuta palla cerca sempre la giocata in verticale. Complessivamente, si sono registrati 565 gol in 205 partite. La squadra che ha segnato per prima, ha vinto in 136 occasioni. La velocità conta.

LEGGI ANCHE -> Buffon: “Sono tornato alla Juve per vincere la Champions

 

Alessandro Mastroluca

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