Torna attuale il dibattito sugli stadi di proprietà, la questione è stata portata nuovamente in auge con San Siro. Si vuole pensare ad una riqualificazione della zona, con un nuovo impianto per demolire, eventualmente, quello vecchio: teatro di storie ed imprese sportive che non si cancellano certamente con la ruspa. Per questo, la diatriba in tal senso schiera favorevoli e contrari su una metaforica linea di metà campo, quasi a dover decidere chi la spunterà: intanto le rispettive compagini di Milano hanno presentato dei progetti al vaglio del Comune.
La stessa cosa ha fatto tempo addietro la Roma, che aveva raggiunto l’accordo per il nuovo stadio giallorosso con la Giunta capitolina, poi i lavori e l’organizzazione del progetto si sono interrotti per questioni legali che, purtroppo, hanno visto più d’un esponente politico finire in manette e per ragioni di tempo. La Raggi tuona: “Lo stadio lo facciamo, secondo le regole, però”. Il riferimento – nemmeno troppo velato – della sindaca è a tutta una serie di opere pubbliche che erano state promesse onde evitare ulteriori problemi e grattacapi alla cittadinanza. Morale: anche questo progetto è in stand-by.
Poi c’è l’Allianz Stadium, il tempio calcistico della Juventus, fiore all’occhiello del nostro calcio: i lavori sono iniziati nel 2009 per arrivare, puntuali, all’inaugurazione del 2011. Una capienza di 41507 posti a sedere, per un totale di 155 milioni di euro spesi. La Vecchia Signora si dimostra vincente anche in tal senso, perchè nel giro di tre anni è stata in grado di arrivare laddove altri ancora arrancano.
Stadi italiani, accessi per i disabili: la situazione nel nostro campionato
Non si tratta di costruire uno stadio in tempi record, con un po’ di volontà, potrebbe farcela chiunque: il punto è offrire un impianto all’altezza di tutti. Persino di coloro che la partita la vedono da un’altra prospettiva: le persone con disabilità. Vedere il mondo su due ruote, per alcuni, è una gravosa consuetudine. L’accessibilità, quindi, dovrebbe essere un valore aggiunto e qualcosa da cui ripartire non solo a livello etico, ma anche e soprattutto dal punto di vista di domanda e offerta. Uno stadio senza barriere architettoniche porta più soldi e consensi. Infatti l’Allianz Stadium incamera guadagni anche perché concepisce l’accessibilità come un bene (di consumo, oltre che etico e sociale) imprescindibile.
I posti sono rialzati, la visibilità è buona e i costi sono contenuti. Ciò vuol dire che le persone con disabilità non sono una porzione di tifo, ma fanno parte di un unicum: anche questo vuol dire comunità. Secondo gli ultimi dati forniti da Redattore Sociale, l’accessibilità negli stadi è sempre più distante dall’essere accettabile. Una menzione, a riguardo, merita San Siro, per il quale molti utenti si sono lamentati della visibilità scarsa, per via del particolare posizionamento rispetto al terreno di gioco e del numero esiguo di posti disponibili per le partite.
Le testimonianze emerse da Superando.it raccontano di tifosi romantici, attaccati alla squadra ed incalliti che non rinunciano, malgrado la disabilità, alla propria passione. Così come è successo al San Paolo di Napoli, dove sono stati rifatti i seggiolini da poco ma per qualche tifoso vedere la partita dalla tribuna è un’impresa. Tutto questo pressappochismo deriva da da “Italia ‘90” – Mondiale giocato più di vent’anni fa ormai, che però ancora alimenta il malaffare e la corruzione nell’edilizia. Furono edificate vere e proprie “cattedrali nel deserto” – così sono stati ribattezzati gli stadi di casa nostra – data la mancanza di collegamenti urbanistici e i continui problemi di ordine pubblico.
La piaga sociale dell’inaccessibilità non riguarda soltanto gli stadi delle squadre principali, nella massima serie oltre che nelle categorie inferiori: osservati speciali anche il Marassi a Genova, l’Artemio Franchi di Firenze e il San Nicola di Bari. La lista dei “rimandati”, da questo punto di vista, si allunga anno dopo anno. Per accorgersene basta affidarsi a qualche commento della Rete: “Preferirei pagare il biglietto e godermi la partita. Tra l’altro la procedura di accreditamento va ripetuta per ogni gara e presentata con largo anticipo: se ho un impegno rischio di restare fuori, pure se lo stadio è mezzo vuoto”, questa è soltanto una voce di un giovane catturata dalla bacheca Twitter che si unisce ad un coro unanime di protesta che dura da anni e non ha colore. Ne tenga conto, possibilmente, chi di dovere con l’inizio di eventuali lavori. Rendere accessibile un luogo costa, ma poi ripaga, sempre. Un urlo di gioia in più equivale ad un biglietto pagato con consapevolezza ed è forse la vittoria più bella da poter festeggiare.
Quello dei posti limitati è un aspetto che non coinvolge tutti gli stadi di Serie A. Ad esempio – tra gli altri – all’Olimpico di Roma c’è un settore dell’impianto adibito alle carrozzine. Anche in questo caso però i problemi possono essere sempre dietro l’angolo e nel 2019 non si può sempre sperare nella clemenza e disponibilità del personale, che comunque non è detto che riesca ad ottemperare a qualunque imprevisto.
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