Il Milan di Giampaolo è tramontato a Genova. Finisce la breve quanto contrastata stagione del tecnico ex Sampdoria. E in un curioso gioco di rimandi, il futuro passa per il più recente degli ex allenatori dell’Inter: Luciano Spalletti. Non è scontato, però, che la sua strada per il successo passi solo, o principalmente, per il 4-2-3-1, il modulo che ha definito le sue stagioni alla Roma, allo Zenit e in nerazzurro.
Se dovesse orientarsi con il 4-2-3-1, il Milan di fatto non cambierebbe la linea difensiva. Calabria, Musacchio, Romagnoli ed Hernandez, più propositivo di Rodriguez, resterebbero le prime scelte da destra a sinistra.
A centrocampo, con il doppio mediano davanti alla difesa, Bennacer e Biglia si giocherebbero il posto di play in un modulo che renderebbe ancora più decisivo il contributo di Kessie che presumibilmente si troverebbe più concentrato sulla fase difensiva, sulla copertura nella propria metà campo. Dovrebbe dunque ridurre gli inserimenti palla al piede che caratterizzano il suo passato prossimo e il suo presente da mezzala nel 4-3-3.
Il 4-2-3-1 è infatti un modulo che, senza un mediano pronto ad abbassarsi a schermo davanti alla difesa, rischia di concedere troppo spazio alle spalle del centrocampo ai trequartisti avversari. Davanti, Paquetà potrebbe tornare trequartista, come vorrebbe Boban. Potrebbe esserci più spazio per Rebic e Leao, possibile invece un impiego ridotto per Suso e Calhanoglu.
Spalletti si troverebbe con un problema di tipologia simile ma di diversa soluzione rispetto all’esperienza con l’Inter. Ovvero gestire Piatek, che è un attaccante d’area, poco associativo che non lavora così tanto per la squadra ma si proietta verso la porta. Caratteristiche che aveva anche Icardi. Ma le affinità finiscono qui, ecco perché la soluzione sarebbe diversa. La superiorità dell’argentino con il primo tocco nello stretto e soprattutto sui colpi di testa l’ha portato a impiegare all’Inter ali classiche, a sfruttare le sovrapposizioni dei terzini e a ricercare in maniera sistematica il cross dal fondo, più di qualunque altra squadra in Serie A.
Piatek, pure lui centravanti puro, è un giocatore che mira al risparmio: un dribbling e tiro. Non è un attaccante da allunghi, progressioni o serpentine. Cerca di raggiungere l’obiettivo col numero minimo possibile di tocchi e movimenti. Per questo, più che dei cross ha bisogno di imbucate veloci, di palloni puliti e di avere intorno una squadra che riesca ad aprire la difesa avversaria.
Il Milan con Giampaolo ha provato ad essere più filante, più stretto e verticale, ma la presenza di giocatori che trattengono di più il pallone ha reso la strategia spesso controproducente. Piatek ha sbagliato tanto sotto porta, ma è anche vero che, in termini di expected goals ogni 90 minuti, raggiunge livelli anche più alti dell’anno scorso sia con il Genoa sia con il Milan di Gattuso. Dunque, l’anno scorso segnava di più, anche reti più difficili. Quest’anno, nonostante tiri meno ma da posizioni che più facilmente dovrebbero consentirgli di segnare, è più bloccato. Un cambio di modulo potrebbe aiutarlo.
Nel 1999, quando aveva quarant’anni, Spalletti ha completato il corso Master Uefa Pro, il percorso più elevato della FIGC per laurearsi allenatori professionisti, con una tesi sul 3-5-2. Era il modulo che allora gli piaceva utilizzare, l’ha spiegato evidentemente bene, visto che è stato premiato con 110 e lode. Parlava già allora di gioco corto-lungo, di diagonali di come scalare.
Al 3-5-2, puro o ibrido che sia, è periodicamente tornato soprattutto nei momenti di difficoltà delle sue squadre. Nella sua ultima stagione alla Roma, per esempio, i giallorossi difendevano a quattro ma impostavano a tre con Rudiger, Fazio e Manolas dietro più Emerson Palmieri più avanzato in fase di uscita bassa del pallone. E’ la difesa “a tre e mezzo” che la scorsa stagione ha utilizzato più volte Massimiliano Allegri alla Juventus, che ha replicato Ancelotti al Napoli nelle occasioni in cui ha scelto Maksimovic come terzino destro. Anche all’Inter, al primo anno, contro Napoli, Sampdoria e Verona l’Inter si è disposta con D’Ambrosio centrale aggiunto accanto a Miranda e Skriniar per tenere Joao Cancelo quasi sulla linea dei centrocampisti.
Al Milan avrebbe i calciatori adatti per riproporre questo modulo. In difesa potrebbero giocare Musacchio, Romagnoli e Caldara, che dovrebbe rientrare in gruppo durante la sosta per gli incontri delle nazionali. Il modulo si presta ad esaltare due esterni più di spinta che di copertura come Conti e Theo Hernandez, che comunque all’occorrenza possono sempre scalare dietro a comporre una linea a quattro in fase di non possesso. In quella posizione, sarebbero anche più protetti dalle mezzali: Kessie e Paquetà sembrano i più adatti a interpretare un ruolo che richiede velocità, intuizione negli inserimenti ma anche disponibilità al raddoppio sul portatore di palla. Il jolly Bonaventura diventerebbe la prima alternativa, con Calhanoglu indietro nelle gerarchie. Biglia e Bennacer si troverebbero ancora in competizione per il ruolo di playmaker.
Piatek tornerebbe ad avere un compagno d’attacco come al Genoa, e giocatori come Leao o Rebic che tendono ad occupare anche gli spazi di mezzo e ad allargarsi diventerebbero dei secondi violini particolarmente significativi. Più difficile, ma non impossibile, che in alcune partite Spalletti possa anche optare per un centrocampo più dinamico con Kessie e Bennacer centrali e Paquetà avanzato da trequartista, simile alla versione attuale della Sampdoria o al modulo del Genoa in cui si è esaltato Piatek nella prima parte della scorsa stagione.
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