Inter e Juventus si sono incontrate oltre 200 volte tra partite ufficiali e amichevoli. Ma non è per questo, per il numero da record di capitoli in cui si è articolata la storia della loro rivalità, che la sfida ha guadagnato l’etichetta di “Derby d’Italia“. E’ una delle invenzioni di Gianni Brera, il giornalista che ha cambiato il linguaggio dello sport in Italia. E’ il primo giugno 1967, una domenica triste, solitaria e finale per gli interisti. Un giorno di gloria tricolore per i bianconeri.
La papera di Sarti e la fine della Grande Inter
L’espressione “Derby d’Italia” compare per la prima volta non a commento di una sfida tra le due squadre. Ma di un duello a distanza, della lotta per lo scudetto 1966-67. Una corsa che l’Inter lancia con sette vittorie all’inizio della stagione. Presto si capisce che solo la Juve può contrastare i nerazzurri.
L’Inter finisce la stagione in riserva, perde la finale di Coppa Campioni contro il Celtic Glasgow e una settimana dopo si presenta a Mantova per l’ultima giornata di campionato con un punto di vantaggio sulla Juve. I bianconeri battono la Lazio. A Mantova, scriverà Edmondo Berselli, Sarti riesce “a inventarsi una provvidenziale papera”. Sarti è il primo nome nella filastrocca della Grande Inter, è uno dei più grandi portieri del calcio italiano. Ma si lascia sfuggire una palla facile, elementare.
“Spiegazione? Non ce n’è. Era una palla facile, l’avevo presa. Non era tagliata, non aveva effetto. Eppure, quando ho fatto per stringerla e portarla al petto, si è impennata, è scivolata dietro. E l’ho vista in fondo alla rete” confessa a Gianni de Felice del Corriere della sera. La Juve vince quel “derby d’Italia” e conquista lo scudetto che segna la fine di un’epoca.
Le ragioni di quel “derby d’Italia”
Brera non ha spiegato il perché di quella definizione, anche se allora Inter e Juventus erano le squadre più titolate del calcio italiano. La definizione però ha funzionato. All’epoca la sfida tra le due società significava anche il duello tra due potenze economiche del triangolo industriale italiano, il petrolio di Angelo Moratti da un lato e la Fiat di Gianni Agnelli dall’altra.
La doppia sconfitta di Mantova e di Glasgow però porta Moratti alla decisione di lasciare la presidenza dell’Inter. Lo annuncerà solo alla fine della stagione successiva, dopo un quinto posto. Venderà la maggioranza del pacchetto azionario a Ivanoe Fraizzoli per 140 milioni, un prezzo praticamente stracciato. “Anche a poker preferisco smettere quando perdo: ci vuole più coraggio” dirà Moratti, il presidente che ha costruito la Grande Inter.
In quell’estate del 1968, Sarti accetta l’offerta della Juventus. A 35 anni, diventa la riserva di Roberto Anzolin, gioca le sue ultime dieci partite da professionista poi si regala un’ultima stagione tra i dilettanti e lascia il calcio. Il meglio della storia del derby d’Italia, però, deve ancora venire.
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