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Germania-Olanda, tra sputi e biciclette: una rivalità come nessun’altra

Oma wij hebben je fiets gevonden”, “Nonna, abbiamo ritrovato la tua bicicletta”. Lo striscione che i tifosi olandesi hanno esposto al Volksparkstadion di Amburgo il 21 giugno 1988 durante la semifinale degli Europei contro la Germania Ovest racconta il senso di una rivalità che va oltre lo sport. Dopo la vittoria degli orange, nove milioni di persone in tutto il Paese scendono in piazza. Tre olandesi su cinque festeggiano per una partita di calcio. Ad Amsterdam, la gente lancia biciclette in aria. È un messaggio, è una rivincita. Durante l’occupazione nella Seconda guerra mondiale, infatti, i tedeschi avevano confiscato le bici ai cittadini olandesi.

Germania-Olanda, l’inizio della rivalità

La trasformazione di una rivalità sportiva in una opposizione radicale comincia di fatto con la finale Mondiale del 1974. Al primo minuto e mezzo di abbacinante bellezza olandese che porta al rigore segue un lungo peccato di superbia. La partita cambia quando Bernd Holzenbein si lascia cadere in area per il secondo rigore della finale. Amichevoli a parte, è il primo confronto tra le due nazioni dopo l’occupazione. Wim van Hanegem, ha visto il padre e due fratelli morire durante un bombardamento l’11 settembre 1944. Non partecipa al banchetto dopo la finale. “Odio i tedeschi” dice, “hanno ucciso la mia famiglia”. In campo c’era anche Ruud Krol, figlio di Kuki, fantasista degli Ajax degli anni Trenta. Allora, nello stadio a pochi chilometri dallo Jodeenbuurt, il quartiere ebraico di Amsterdam dove avevano vissuto Rembrandt e Spinoza, i tifosi la domenica si appassionavano a lui e a Eddy Hamel. Con l’occupazione, Kuki Krol forma con Leo Horn, anche lui socio dell’Ajax, uno dei gruppi più tenaci della Resistenza olandese. Terrà per tutta la vita in soggiorno la foto di un uomo catturato dai tedeschi nel suo negozio. “Era nella resistenza comunista, quel giorno aveva tre carte d’identità nelle tasche” ha detto a Simon Kuper per il suo libro “The Football Men”. “Non è più fortunato. Ma quel giorno erano venuti per me”. No, Germania-Olanda non può essere una partita come le altre.

Olanda, verso la semifinale del 1988

Germania e Olanda si incontrano anche quattro anni dopo al Mondiale. Finisce 2-2, l’olandese Dick Nanninga viene espulso dopo un corpo a corpo con Holzenbein. “Lui mi ha stretto il naso e io l’ho spinto” ha detto Nanninga. “Sì, ma io l’ho stretto perché, senza essere visto mi aveva tirato un pugno nello stomaco” si è difeso il tedesco. Due anni dopo, agli Europei in Italia, la Germania Ovest vince 3-2 ma più della tripletta di Klaus Allofs si parla di Johnny Rep che colpisce il portiere Schumacher all’addome mentre entrambi cercano di raggiungere un cross. Il ct tedesco manda una delle riserve dietro la porta di Schumacher per calmarlo.

Olanda batte Germania Ovest: il calcio è guerra

La semifinale dell’Europeo 1988 per l’Olanda è la vera finale, lo dice chiaramente anche il ct Rinus Michels, l’artefice degli anni migliori dell’Ajax, la mente che ha perfezionato il calcio totale. Per Michels, il calcio è guerra. Così, all’inizio del secondo tempo, solleva il dito medio verso i tifosi tedeschi. All’ultimo minuto, è Marco van Basten a portare l’Olanda in finale. Ronald Koeman scambia la maglia con Olaf Thon e si passa quella del tedesco in mezzo alle gambe: come dire, è carta igienica.

La vittoria scatena reazioni inattese, ricorda sempre Simon Kuper. Il professor de Jong, storico piuttosto grigio che ha scritto una voluminosa storia dell’Olanda nella Seconda guerra mondiale, balla per la stanza dopo il gol della vittoria. Ger Blok, allenatore di 58 anni che guida la nazionale dell’Honduras, scende per le strade di Tegucigalpa e corre, istericamente felice, sventolando una bandiera olandese. Pensava indirettamente anche a loro Michels quando, dopo la partita, ha spiegato: “Vincere questo match mi dà un senso di soddisfazione in più per ragioni che adesso non mi va di riassumere”.

L’anno successivo, prima di una partita di qualificazione ai Mondiali a Rotterdam, i tifosi tedeschi scrivono sui loro volantini di essere pronti “a invadere il territorio nemico”.

Applausi e sputi: Rijkaard e Voller a Italia ’90

Il punto più basso resta l’incontro di San Siro ai Mondiali del ’90. “Hup Holland Hup!” cantano gli olandesi. “Deutschland! Deutschland!” replicano i tedeschi durante l’inno nazionale. La partita è oltre i limiti della cattiveria. Adri van Tiggelen entra subito durissimo su Pierre Littbarski. Prima dell’intervallo Rudi Völler si getta a terra dopo un contatto con Frank Rijkaard che, ammonito, sputa in direzione dei capelli del tedesco. Völler indica lo sputo all’arbitro, e verrà ammonito. Rijkaard lo prende per i capelli. Il centravanti della Roma provoca subito dopo Hans van Breukelen. Rijkaard interviene e gli sputa di nuovo, stavolta direttamente sul collo. Manca poco perché vengano alle mani. Il doppio cartellino rosso evita la rissa da saloon a centrocampo. Anche se qualche pugno sarebbe volato, riferiscono i giornali dell’epoca, in spogliatoio. “Ho sbagliato, mi sono scusato con Rudi” ha detto Rijkaard, che cinque mesi dopo, al primo duello tra Roma e Milan, spiega al rivale di essersi sentito sotto pressione anche perché aveva appena divorziato dalla moglie. Anni dopo gireranno insieme, in accappatoio davanti a un tavolo apparecchiato per una colazione, un simpatico spot per una marca di burro olandese. Lo slogan “Alles in butter”, “tutto nel burro” è un proverbio tedesco che significa “va tutto bene”. Un segno di riconciliazione.

Con la riunificazione della Germania, e un periodo di risultati non straordinari della nazionale tedesca negli anni Novanta, la rivalità torna nel binario di una accesa contrapposizione sportiva. Ma nel 2003, i Ratingen Aliens, squadra tedesca di hockey di terza divisione, sfida gli Eaters Geleen, una formazione olandese. I giornali locali parlano di caccia all’uomo senza precedenti. I tifosi gridano di finirla. Dopo un quarto d’ora, il Ratingen lascia il campo. Perché Germania-Olanda non sarà mai una partita come le altre.

Alessandro Mastroluca

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