Un jolly d’attacco. Un centravanti che viene incontro, sa giocare da trequartista e in nazionale si è distinto da ala destra. Vice campione del mondo con la Croazia, Ante Rebic è diventato una seconda punta fisica e di movimento grazie a Robert Kovac. Torna in Italia, al Milan, per far dimenticare un’esperienza, tra Fiorentina e Verona, arrivata decisamente troppo presto.
Lo chiamavano il nuovo Boksic
Rebic segna tanto, e da subito. Inizia nelle giovanili di due piccole squadre croate, il Vinjani e l’Imotski, prima di firmare a 17 anni per l’RNK Spalato. La stampa locale lo etichetta subito come il nuovo Boksic. Non è facile a quell’età reggere il confronto con un attaccante che ha scritto la storia del calcio croato, che ha vinto scudetti in Serie A con la Juventus e la Lazio. Anche se Rebic i numeri li avrebbe: segna 16 gol in 57 partite nel campionato croato e convince la Fiorentina a investire quasi 5 milioni di euro. Ma in viola giocherà solo 4 volte. “Non ero pronto al grande salto, fisicamente e mentalmente”.
La parentesi alla Fiorentina
Era solo il momento ad essere sbagliato. Rebic, uno degli attaccanti più promettenti della leva calcistica della classe 1993, non convince. I tre mesi di infortunio non aiutano. E le stagioni successive sembrano ulteriormente frenare la sua crescita. E’ acerbo e troppo focoso. Nel 2014 Kovac lo convoca per i Mondiali ma all’ultima partita del girone, contro il Messico, la squadra incassa tre gol nel secondo tempo. La sua partita si chiude con un tackle inutilmente duro su Carlos Pena: rosso diretto.
E’ poco più di una comparsa a Lipsia, che allora gioca in seconda divisione. Torna a Firenze, e qualcosa di più stavolta si vede. Paulo Sousa non solo crede in Rebic, ma ne modella i tratti di esterno destro anche in una posizione più arretrata, da laterale di centrocampo nel 3-4-2-1. La crescita fisica e tecnica c’è ma non basta a convincere la dirigenza che lo dà in prestito al Verona, dove non si vede praticamente mai. I viola lo cedono allora all’Eintracht Francoforte con una clausola: incasseranno il 50% dalla futura cessione del giocatore. A posteriori, è un affare.
Gli anni all’Eintracht: Rebic ritrova Kovac
Nel 2016-17 segna due gol e riceve 10 ammonizioni in 24 presenze. Ha uno scambio non proprio amichevole con Kovac dopo una sostituzione non gradita contro l’Augsburg. La sua strada sembra avviata a una nuova ripartenza: la società cede perfino il suo appartamento al nuovo acquisto Luka Jovic. Ma all’ultimo giorno di mercato, ottiene una seconda possibilità. Rimane. E ripaga il club per la fiducia con sei reti e due assist in campionato. Ma soprattutto con la doppietta che apre e chiude la finale di Coppa di Germania contro il Bayern Monaco del 2018. E’ l’ultima partita di Kovac, l’allenatore più importante della sua carriera, che passa proprio al Bayern.
Gioca un Mondiale non più da comparsa, in Bundesliga infila altre sei reti nell’ultima stagione. Si integra perfettamente con Jovic e Sebastian Haller: i tre spingono l’Eintracht alla semifinale di Europa League. Ma all’Eintracht il suo ruolo è ormai cambiato.
Come gioca: forte nell’uno contro uno
Rebic, a lungo il giocatore più veloce della scorsa Bundesliga, è una seconda punta che ha bisogno di spazi, di sfidare i difensori nell’uno contro uno. Anche se probabilmente con una prima punta come Piatek e un 4-3-1-2 con Suso trequartista, al Milan dovrà essere bravo a crearseli. Dà il meglio quando può puntare l’avversario in velocità, quando può esaltare le sue qualità atletiche e il cambio di passo a palla scoperta.
Anche nei duelli fisici, riesce a usare bene il busto per proteggere palla e magari guadagnarsi un calcio di punizione. Nell’ultima stagione, proprio per trovare il modo di integrarsi con due giocatori più difficilmente inquadrabili come Haller e Jovic, ha giocato quasi da trequartista, stretto sul play basso avversario: un compito chiave nella fase di contro-pressing, per favorire il recupero alto del pallone. Venire incontro e ricevere lontano dalla porta gli riesce infatti particolarmente bene. Sempre altamente consapevole nella gestione degli spazi, è svelto quando si tratta di fare da collante tra il centrocampo e l’attacco, soprattutto attraverso gli allunghi palla al piede.
La debolezza: non è un rifinitore
Il suo limite sta nella fase di rifinitura nello stretto. Nell’ultima stagione ha tentato in media 2.69 passaggi verso la trequarti offensiva, e ne ha completato uno su due. Ancora meno efficace negli appoggi verso l’area (41% accuratezza, rivelano i dati Wyscout), ha provato 1.17 passaggi filtranti e ricevuto in media appena meno di 14 palloni a partita. A volte si fida troppo delle sue qualità. In altre occasioni, quando deve decidere in fretta la giocata perché pressato, sembra farsi prendere dalla fretta e perde lucidità. Senza riuscire così a sfruttare la sua capacità di protezione del pallone e la sua visione di gioco. Un aspetto su cui lavorare e in fretta per integrarsi in un Milan che cerca la distribuzione del pallone attraverso il gioco corto e la creazione della superiorità nello stretto proprio attraverso il fraseggio fra le linee. Se dovesse vincere questa sfida, Giampaolo avrà un progetto di grande giocatore su cui lavorare.