Mario Balotelli non ci sarà per la prima giornata di Serie A, per la trasferta del Brescia a Cagliari. Non vivrà la domenica amarcord del presidente Cellino, né la sfida contro il Milan, la sua ultima squadra in Italia. Sulle sue spalle, infatti, pendono ancora quattro giornate di squalifica per l’espulsione nell’ultima giornata della scorsa Ligue 1. Il suo saluto all’Olympique Marsiglia, infatti, è un fallo da cartellino su Congré, difensore del Montpellier. La prima partita utile per il suo possibile rientro, però, coincide con una giornata già segnata in rosso dai tifosi del Brescia. Al Rigamonti, infatti, alla quinta arriva la Juventus.
Balotelli, che sembrava vicinissimo al Flamengo, avrebbe scelto la via del ritorno a casa. Ha preferito un equilibrio diverso di vita, la dimensione di una città che ha chiamato casa da sempre, dove si è sentito apprezzato, compreso, benvoluto. I brasiliani sarebbero stati pronti a un’offerta anche superiore, a dargli l’occasione di cercare un riscatto là dove il suo passato da “bad boy” non sarebbe stato visto come un ostacolo da superare, un problema da risolvere.
La riconquista della Serie A ha un secondo obiettivo, nemmeno troppo nascosto. Riconquistare il ct Roberto Mancini, guadagnarsi un posto nella rosa dell’Italia agli Europei del 2020. Magari giocare da titolare la partita inaugurale all’Olimpico. Un sogno, forse, un desiderio cullato in fondo al cuore di un ragazzo con la fama da “bad boy”, che poco ha fatto per smentire, tra pubbliche disobbedienze e private virtù.
Ha attraversato il suo tempo senza che gli angoli diventassero curve nella memoria. Nella sua storia, da troppo tempo, c’è un grande futuro dietro le spalle, “un qualcosa lasciato al domani, un’attesa di sogno e di oscuro, un qualcosa di incerto e insicuro” come direbbe Guccini.
Sono versi de “L’ultima volta”. La sua, di ultima volta, almeno in Serie A è ormai lontana tre anni. Dopo il Milan, ha cercato in un’altrove lontano dall’Italia il suo mondo in cui valesse la pena trovare un posto. Sembrava averlo individuato a Nizza, dove ha firmato il suo record personale di gol in una stagione, 18, ma poi è arrivato in panchina Vieira e la fragile costruzione di un futuro possibile è crollata come un castello di carte. A Marsiglia, città di misteri da romanzo, dura sei mesi.
Più che all’ultima volta, però, a Brescia viene in mente una prima, e un’associazione che fa scattare speranzosi ricordi. Perché diciannove anni fa, contro la Juventus, era iniziato il viaggio di Roberto Baggio con la maglia dalla V bianca. Era un altro Brescia, c’era anche un Pep Guardiola a fine carriera. In quella sfida di Coppa Italia, contro i bianconeri ancora furiosi per lo scudetto perso nel diluvio di Perugia, Brescia assaporava una dimensione inattesa, un disegno e un orizzonte più vasti.
in fondo, Super Mario cerca lo stesso abbraccio, lo stesso disegno. Può trovarli solo a casa, dopo un milione di città. Per ripartire e non sbagliare, in campo e fuori.
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